From the Kitchen: Mare Bilingue

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Come nasce una nuova rubrica di Inkroci? Come viene concepita un’antologia? Voi che leggete questa presentazione siete testimoni dell’incipit di un progetto transnazionale legato a una serie di poesie incentrate sulla cosiddetta lingua madre e sull’ambiguità language/tongue che esiste in inglese. Con Andrea Sirotti, che ha curato alcune validissime antologie pubblicate in Italia, abbiamo già delle idee sugli editori cui proporre questa antologia sul rapporto con la lingua madre… Io, fantasticando, gli parlo di due case editrici indiane… “Meglio Europa o America con testi da tutto il mondo”, dice lui, ma io insisto: “No, no, in India ci sono varie lingue, ci sono 22 scheduled languges of India, recognised by The Indian Constitution”. Poi lui mi chiede, a proposito dell’ambiguità lingua/tongue, se in tutte le lingue è così e se esiste nelle lingue slave, ma io potrei dirgli solo com’è in bulgaro e macedone, non saprei dire quali sono i significati nelle altre lingue slave né per quelle 22 lingue che si parlano in India, ma ottimisticamente gli rispondo: “Lo capiremo”.
“In copertina Einstein che fa la linguaccia”, ride Andrea, e io: “No, no, preferisco la lingua di Mick Jagger, se è quella usata per il logo dei Rolling Stones”.

Dunque scegliamo le prime tre poesie, con cui inaugureremo la nuova rubrica, e Heiko H. Caimi, il direttore di Inkroci, mi fa: “Ottimo per le poesie e i poeti che seguiranno. Come contraddistinguiamo la serie?”
“Usiamo Dylan Thomas’ epithet ‘Two-tongued sea’? Che ne dici?”
“Wow! Sarebbe magnifico. Ma dove lo mettiamo? In testa alle poesie?”
“Sei tu il capo, decidi tu”, sorrido io.

La poesia con cui apriamo la serie è di una poeta gallese il cui nome ho incontrato per prima volta nella poesia di Franco Buffoni “Le lingue delle madri” dal suo libro Noi e loro (Donzelli Editore, 2008), che diventerà la seconda poesia della nostra serie, tradotta in inglese da Johanna Bishop per Inkroci.

Quando, a gennaio del 2020, un mio amico ha comprato a Kolkata il libro di Gwyneth Lewis Chaotic Angels: Poems in English (Bloodaxe Books, 2005) e mi ha mostrato la copertina, gli ho detto che la Lewis era presente nella poesia di Franco Buffoni “Le lingue delle madri” che avevo tradotto in bulgaro qualche anno fa. E lui mi mandato la poesia di Gwyneth Lewis “Mother Tongue” in foto. Dopo averla letta ho cominciato a chiedermi chi potesse traslarla in italiano,  essendo convinta che la traduttrice perfetta già la conoscevo, Clara Mitola, amante della poesia che ha studiato il russo e recentemente ha cominciato a studiare il giapponese: ero convinta che a Clara sarebbe piaciuto tradurre un verso come “For a language fetishist like me/ sex is part of the problem”… però c’era solo un piccolo ostacolo, lei traduce dal romeno e dallo spagnolo all’italiano, ma non dall’inglese, e il gallese non l’aveva mai studiato. Poi ho deciso che la poesia “Mother Tongue” della Lewis la poteva tradurre benissimo anche Angela D’Ambra, che ha studiato il russo e se traduce il verso “Per una feticista delle lingue come me/ il sesso è parte del problema” le viene naturale. Detto fatto, Angela ha accettato la proposta e ha tradotto la poesia della Lewis “Mother Tongue” per Inkroci. Il libro lo leggevamo in inglese, ci interessava avere il permesso per la pubblicazione sulla rivista bilingue di letterature Inkroci, con cui inaugurare la serie di “Mothers’ Tongues” (che è il titolo della poesia di Franco Buffoni in inglese) e, quando è arrivato il permesso da Bloodaxe Books, non ci è venuto in mente di controllare se la poesia della Lewis avesse già trovato la sua traduttrice italiana, che è Paola Del Zoppo. È’ stato sempre Andrea Sirotti a dirmi che Gwyneth Lewis era stata già pubblicata da Del Vecchio (2007) ed Elliot (2017), tradotta da Paola Del Zoppo. E che ci sono anche altre pubblicazioni più vecchie per la gloriosa casa editrice faentina Moby Dick. Insomma, è conosciuta al pubblico italiano, un fatto che non toglie nulla all’effetto di divulgazione della poesia di Franco Buffoni che dice:

Quella sera da solo a letto lessi Gwyneth Lewis
Che nel Cyfweliad a’r Bardd
– L’interrogatorio della poetessa –
Ricorda le sue letture di ragazza:
Leggevo storie di scrittori inglesi
Nascoste tra le copertine gallesi.
Funzionò per un po’, finché la mamma
Trovò Dick Francis dentro il Bardd Cwsg
Una sera dopo il tempio. Fui sgridata,
Picchiata. Era una donna pura:
Una lingua per tutta la vita.

Non doveva imparare l’inglese Gwyneth Lewis
Perché la mamma voleva il suo bene.

Leggendo il bellissimo saggio in due parti di Paola Del Zoppo “Lingua madre, madre lingua”  (link: https://fondopoesiacontemporanea.wordpress.com/2019/06/27/lingua-madre-madre-lingua-1-paola-del-zoppo/), specialmente nella prima parte, ho scoperto un’altra poesia della Lewis, “La confessione della poetessa”, pronta e tradotta in italiano per la nostra serie, che comincia così:

L’ho fatto. Ho ucciso la mia lingua madre.
Non avrei dovuto lasciarla
lì tutta sola.
Tutto ciò che volevo era divertirmi un po’
con un altro corpo
ma adesso che è scomparsa
il silenzio tremendo.

Sempre nel saggio di Paola Del Zoppo si trova anche una testimonianza della poetessa che si può leggere nel libro della Lewis del 2003 Keeping Mum e anche ne L’assassino della lingua, l’edizione italiana dal 2007 (della casa editrice Del Vecchio) a cura di Paola Del Zoppo:

 “Nel 1999 scrissi una storia poliziesca in versi in cui investigavo sulla morte della mia lingua madre, intitolandola Y Llofrudd Iaith, L’assassino della lingua. La trama del volume originario era ambientata in un villaggio del Galles occidentale in cui un’anziana signora, la mia personificazione della lingua gallese, era stata trovata morta. Nel libro, nel complesso, volevo interrogarmi su come possiamo liberarci dall’idea di una ‘lingua madre’ che porta con sé un pesante bagaglio psicologico e la visione naïf dei parlanti natii. Il Detective Carma, metà gallese e metà giapponese, conduceva le indagini, e non vi dirò l’esito della storia. […] La prima sezione di Keeping Mum rappresenta, di Y Llofrudd Iaith, tutto quello che sono riuscita a tradurre, rendendolo con un discreto fascino poetico. Solo una manciata di poesie sono versioni letterali. […]”

Gwyneth Lewis indaga sulle conseguenze del progressivo annullamento della sua lingua madre, e su come i disordini linguistici possano portare al disagio mentale. Keeping Mum è nato inizialmente come trasposizione in inglese del volume gallese Y Llofrudd laith, ma vive di vita autonoma. Gli avvenimenti, i personaggi e i luoghi sono stati completamente ricreati nella nuova lingua, l’inglese. Nella prima parte il racconto poetico descrive una lunga inchiesta giudiziaria sulla perdita della lingua madre, nella seconda l’indagine è condotta in una clinica per malattie mentali in cui è lo psichiatra a raccontare i pensieri. Infine, la poetessa ci presenta dodici angeli in una sequenza di sonetti in cui il mistero squarcia il velo quotidiano della depressione e del dolore.
Ecco perché il suo libro del 2005, pubblicato da Bloodaxe Books nello stesso anno in cui Gwyneth Lewis è stata nominata Poeta Nazionale del Galles, diventando la prima autrice insignita del titolo di poeta laureato, è stato intitolato Chaotic Angels.

Dopo la seconda poesia nella nostra serie, quella di Franco Buffoni “Le lingue delle madri” / “Mothers’ Tongues”, costruita anch’essa, come la prima della Lewis, in conversational style, e in cui si parla di mangiare, nella nostra serie non poteva che seguire la poesia di Barbara Ungar “Your Mother Serves Tongue” / “Tua mamma mette in tavola la lingua”, tradotta per Inkroci da Andrea Sirotti.

Quella che seguirà è una poesia di Riccardo Duranti degli anni Ottanta che ha dato il titolo al suo libro Bivio di voce (Empirìa, 1987), con poesie italiane e inglesi scritte nel periodo 1982-86. È interessante notare che Riccardo Duranti non aveva la versione inglese dell’ononima poesia e l’ha tradotta in inglese nell’estate del 2020 specificamente per Inkroci, come coda al saggio di Tom Phillips ispirato da un altro libro più recente di Riccardo Duranti, Meditamondo (2013), saggio che Tom ha scritto per Inkroci e recentemente è stato tradotto da Heiko H. Caimi. (Lo trovate qui, cliccando sul titolo: Lettura della scrittura in seconda lingua).

Nella nostra serie seguiranno le poesie di due degli autori più interessanti per me, perché non li conoscevo come poeti. Heiko H. Caimi, il direttore di Inkroci con cui collaboriamo ormai da più di due anni, lo conoscevo come scrittore di racconti brevi ed eccellente editor, ma finora non avevo letto nessuna delle sue poesie (perché non me ne aveva fatta leggere nemmeno una). All’imporoviso, nello stesso giorno in cui decidiamo come contraddistinguere la serie (6 novembre 2020) e mi dice che desidera che io lavori a una presentazione della serie (scrivendomi “così i lettori saranno informati sullo spirito di questa iniziativa e potranno seguirla con maggiore consapevolezza”), Heiko mi sorprende inviandomi una nuova, novissima poesia scritta da lui il giorno stesso: “Madre, lingua”.
Mi scrive (spero non tolga questo passaggio quando rivisiona il testo) : “A furia di pensarci mi è nata così. Non so se sia all’altezza. Come tutte le cose nuove, non la so giudicare. Comunque ho voluto inviartela, magari la gradisci. Fammi sapere.”
Io gli rispondo: “Leggo, leggo, presentiamo anche te nella rubrica ma dopo i primi quattro”, con un sorriso. A me piacciono molto sia la poesia che il ritmo e tutto ciò di cui parla, ma io sono bulgara, l’italiano per me è e rimarrà sempre a Second Language e ci vuole un altro lettore e intenditore italiano che non lo conosce come poeta, perché né a me, né a Heiko piacciono i favoritismi e li evitiamo, e poi vorremmo ricevere anche un’altra opinione. Così, avendo il permesso dell’autore, invio la novissima poesia ad Andrea Sirotti, anche se sono convinta che la pubblicheremo nella rubrica dopo i primi quattro autori già scelti, le cui poesie, come detto, sono state tradotte specficamente per Inkroci (G. Lewis, F. Buffoni, B. Ungar, R. Duranti). Intanto lo dico a Heiko e lui:
“Solo se la ritieni all’altezza. E sicuramente dopo, dopo. Ma non sentirti in obbligo. La mia è solo una proposta, non c’è alcun vincolo, e se è orribile meglio non pubblicarla che fare figuracce.”
Poi Andrea mi risponde: “Mi è piaciuta molto, Emilia, e mi ha fatto venire in mente l’opera di un bravissimo poeta pubblicato da Riccardo nelle sue Coazinzole. Si tratta di Rino Cavasino, che scrive in dialetto trapanese e poi si autotraduce. I suoi temi ricorrenti sono proprio “lingua” e “madre”.”

Ah, che gioia! Così d’improvviso, lo stesso giorno, scopro come poeta anche Rino Cavasino, la cui poesia “Na spìngula c’un parpagghiuni” (scritta da lui prima in dialetto trapanese e poi anche in italiano) la sera stessa, con una rapidità interstellare, Riccardo Duranti traduce in inglese: “A pin with a butterfy”.  Molto bella anche la poesia di Cavasino (“occorre mettere i tre testi”, mi avverte Andrea Sirotti; “certo, l’originale scritto in dialetto trapanese e la sua versione italiana”, rispondo io). È pleonastico dirlo, ma sono così felice della sua proposta e della traduzione inglese di Riccardo Duranti che la sera stessa di quel giorno speciale in cui è nata la nostra nuova rubrica “two-tongued sea”, quando gli propongo di tradurre la poesia “Uno spillo con una farfalla” di Rino Cavasino (“se saranno d’accordo l’autore e l’editore”), inoltrandogli i due testi fotografati, prima mi fa: “Cos’è, uno scherzo?”, ma poi dice: “Rino è un grande!” e in meno di un’oretta mi invia la prima proposta della sua traduzione inglese scrivendomi: “ma devi assolutamente sottoporla all’autore per la sua approvazione…”.
Così questa poesia di Rino Cavasino, curiosamente, rende benissimo anche nelle due traduzioni, quella italiana d’autore e quella inglese fatta così rapidamente da Riccardo Duranti. E Rino Cavasino “approva” senz’altro la versione di Riccardo e mi scrive: “mi attira la vostra rubrica, l’orizzonte del two-tongued sea, bilingual sea…”

La rubrica dovrebbe funzionare come un richiamo per gli autori a cui il tema della lingua madre nella poesia interessa: dovrebbero seguirla e proporre le loro poesie, che noi valuteremo e potremo pubblicare in questa rubrica in futuro.

Emilia Mirazchiyska


Per inviare le proprie opere per la rubrica “Mare bilingue”: twotonguedsea@gmail.com
Scrivere nell’oggetto: Mare bilingue – proposta


Le poesie pubblicate finora:

Gwyneth Lewis – Lingua Madre
In inglese: Mother Tongue

Franco Buffoni – Le lingue delle madri
In inglese: Mothers’ Tongues

Barbara Ungar – Tua mamma mette in tavola la lingua
In inglese: Your Mother Serves Tongue

Riccardo Duranti – Bivio di voce
In inglese: Voice at a crossroad

Heiko H. Caimi – Madre, lingua
In inglese: Mother, Tongue

 

 

 

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Emilia Mirazchiyska (1972) vive e lavora a Sofia, Bulgaria, dove è nata. È editore e direttore della piccola casa editrice Scalino, che include a catalogo anche due antologie in italiano da lei curate: “Maternità possibili” (insieme a Rayna Castoldi, 2011) e “Saluti a Dickens – 15 storie di Natale” (2012). Oltre ad aver insegnato per anni storia dell’arte al Liceo Italiano di Sofia, è traduttrice: a sua firma la versione tradotta del primo romanzo di Francesca Lancini “Senza tacchi” (Bompiani, 2011) e la prima parte del libro di poesie di Dome Bulfaro “Marcia film” (Scalino, 2016). Ha inoltre tradotto dal bulgaro all’italiano con diversi co-traduttori/poeti italiani i libri di alcuni importanti poeti bulgari: Vladimir Levchev (il cui libro antologico di poesie “Amore in piazza” è pubblicato in Italia da Terra d’ulivi edizioni, febbraio 2016, nella loro traduzione con Fabio Izzo); Beloslava Dimitrova (“La natura selvaggia”, pubblicato in Italia da Arcipelago itaca edizioni, febbraio 2017, nella loro traduzione con Danilo Mandolini); Aksinia Mihaylova (“Nel delta del mondo”, pubblicato in Italia da Edizioni Kolibris, maggio 2017, nella loro traduzione con Francesco Tomada).

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