‘Iniziai a tradurre nel settantatré
nel cortile della scuola. Per spasso
anzitutto – l’occasionale “cazzo”
per il mordente del fumo d’un’altra lingua
in fondo alla gola, i suoi acri agenti chimici.
Presto, fui preda di intere frasi
dietro il capanno, e le lezioni di gallese
mi parevano una noia. Iniziai con pubblicazioni,
Jeeves & Wooster, Dick Francis, James Bond,
sotto copertine gallesi. Per un po’ funzionò
finché mamma, una domenica sera, scoprì
Jean Plaidy dentro una concordanza gallese.
E vai con le ramanzine: una lingua per tutta
una vita, urlava lei. Troppo tardi per me.
Presto, presi a sniffare Simenon
e Flaubert. Dovevo leggerne sempre di più
perché facesse effetto. Una notte, andai in OD
dopo aver letto troppo Proust.
Mi ripresi, però mi spaventai. Per un po’
mi limitai al gallese, però era insulso
e il mio gusto mutava. Ben presto
ripresi a tradurre, scoprii che tre
lingue non erano abbastanza. Il “ch”
tedesco fu semplice, Rilke un ronzio…
Per una feticista delle lingue come me
il sesso è parte del problema. Le Ümlaut sono
spossanti, per cui mi serve un uomo multilingue
ma sono rari nel Galles dell’ovest e sono, di norma,
già sposati. Se solo mi fossi mantenuta
un po’ più pura, di gusti più semplici,
il gallese sarebbe ancora vivo …
Detective, lei parla russo
‒ si dice ‒ e giapponese.
Me ne bisbiglierebbe un poco sottovoce?
La imploro. Per favore…?’
da Chaotic Angels: Poems in English (Bloodaxe Books, 2005)
www.bloodaxebooks.com
https://www.bloodaxebooks.com/ecs/product/chaotic-angels-825
Posia scelta da Emilia Mirazchiyska, curatrice della serie