John Williams – Stoner

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Il libro racconta la vita quotidiana di un modesto professore universitario. È tutta qui la trama di Stoner, una lettura a prima vista decisamente anomala e spiazzante: nessun colpo di scena, nessun evento memorabile nella piatta, infelice, grigia vita di William Stoner, oggetto di un romanzo che ha conosciuto un inatteso successo (almeno in Italia), a quarant’anni dalla pubblicazione.
Superata la prima sorpresa reazione, però, il lettore attento si renderà conto che William Stoner non è affatto una meteora nel panorama letterario, anzi appartiene a quella categoria di personaggi sconfitti in partenza, che dalla vita si fanno trascinare più per mancanza di fantasia che per incapacità: l’indolenza del protagonista non è dissimile a quella di un Oblomov o a quella di Coniglio, personaggio che ha diversi punti di contatto con il professore di Columbia.

Che cosa attira, dunque, i lettori moderni, che avrebbero ben altri riferimenti letterari ai quali guardare, se il loro intento fosse solo quello di analizzare la psicologia di un uomo passivo? Il fatto è che il libro di John Williams, così impersonale, così volutamente piatto, finisce per creare un forte effetto di straniamento e ci troviamo coinvolti nella storia non dal punto di vista emotivo, ma da quello di un personaggio qualsiasi. In sostanza, è come se ci fosse dato di spiare il vicino di casa: per quanto banale e noiosa possa essere la vita che conduce, è la possibilità di entrare, non visti, nella sua intimità e di poter toccare con mano quello che abbiamo sempre sospettato sul suo essere un comune povero diavolo; finendo per rivolgergli la nostra simpatia perché, nonostante tutto, la sua esperienza esistenziale non è affatto negativa.

Sebbene il clamore suscitato da questo romanzo sia stato dovuto più a un’attenta strategia di mercato che a una meditata riflessione letteraria, la lettura di Stoner può essere intrapresa anche da lettori incuranti delle mode e desiderosi di affrontare un testo in grado di suscitare dibattiti.

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