Giorgio Olivari – Il futuro promesso

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Il rombo del locomotore accompagna il ritmico intercalare dei vagoni che, come sonagli, echeggiano a ogni giunta delle rotaie. La futura sposa guarda oltre il finestrino. Il paesaggio scorre lasciando alle spalle le tribolazioni, il passato di sofferenza e la miseria. I ninnoli sul suo copricapo mandano bagliori iridescenti quando i raggi del sole li colpiscono. Scherza con l’amica del cuore che la accompagna, scostando dal pensiero le incognite per l’imminente matrimonio. È promessa a un uomo che non ha mai visto. È preoccupata, anche se tutti sorridono attorno a lei. Degli uomini conosce solo quello che le ha raccontato la madre; e la garanzia che lo sposo sarà buono con lei. Ha ascoltato le lamentele di altre mogli al mercato, riguardo ai propri uomini spesso ubriachi e sporchi. Ma spera che per lei sarà diverso.

«Lo sposo è educato, benestante e ti tratterà come una cosa cara», l’aveva rassicurata la compagna di viaggio.

«Una cosa cara, ma pur sempre una cosa», aveva risposto lei esitante.

«Dovrai solo essere ubbidiente e tenere da conto la nuova casa», aveva proseguito seria l’amica. «Dovrai imparare a essere una buona madre e una brava sposa per essere felice. E poi, sarai in occidente. Lui sarà diverso dai nostri uomini».

L’aria che entra dai finestrini non riesce ad alleviare il senso di soffocamento che prova.

I capelli sono come onde d’oro nel vento. Il rumore è assordante e ricopre ogni pensiero.

Il lamento di ferraglia è come un mantra, monotono, ripetitivo tanto che una bimba lì vicino dormicchia accarezzata dalla madre. Altri bambini giocano. Per loro il tragitto è solo un lungo e noioso intermezzo, un pomeriggio lento e caldo in cui lo svolazzo di una tenda diventa pretesto per immaginare cavalieri e principesse.

Nella carrozza accanto altre vite scorrono alla medesima velocità. Due giovani si baciano indolenti; la ragazza stacca le labbra e sorride fra i drappeggi che dividono le file di sedili della terza classe.

Uomini adulti sono in viaggio per cercare lavoro: in città braccia forti possono trovar fortuna.

In un altro scompartimento un giovane, da solo dietro le tende tirate, controlla per la centesima volta i fuochi d’artificio per la festa. Beve ancora un sorso di liquore dagli effetti inebrianti, prima di indossare il giubbotto pieno di esplosivo. Al polso un bracciale con un grande pulsante rosso; un gioiello che, una volta premuto, illuminerà a giorno l’arrivo in città.

Il sogno rapisce la futura sposa. Montagne invalicabili scorrono fuori dai vetri. Il destino si avvicina sempre più velocemente e le fa paura.

Una immensa distesa d’acqua compare all’orizzonte mentre il sole viene a specchiarsi nel lago al tramonto.

Le speranze traggono vigore dalla velocità del convoglio. La monotonia sfianca la volontà dei viaggiatori. Fino al rombo improvviso della galleria.

Ora il buio. Totale.

Una interminabile voragine nera ha rapito il chiarore color arancio sporco del crepuscolo. Piccole luci compaiono ogni tanto, in lontananza nel tunnel, e sembra di scorgere la fine dell’oscurità che si avvicina molto piano, impercettibilmente.

Subito oltre il tunnel, la città. E una mano ansiosa, impaziente, che accarezza un bracciale dal rosso diadema.

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Giorgio Olivari nasce a Brescia nel secolo scorso. È professionista nel campo del disegno industriale da più di trent’anni. Dopo i primi quarant’anni da lettore scopre la scrittura per caso: uno scherzo della vita. La compagna di sempre lo iscrive a un corso di scrittura creativa: forse per gioco, più probabilmente per liberarsi di lui. Una scintilla che, una volta scoccata, non si spegne ma diventa racconto, storie, pensieri; alcuni dei quali pubblicati dai tipi di BESA in "Pretesti Sensibili" (2008). La prima raccolta di racconti brevi, "Futili Emotivi", è pubblicata da Carta & Penna Editore nel 2010. La sua passione per la letteratura lo ha portato a “contagiare” altri lettori coordinando gruppi di lettura: Arcobaleno a Paderno Franciacorta, Chiare Lettere a Nave.

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