Silvia Accorrà – Mi ha quasi ucciso un sogno

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1999

Risalgo il mare di polvere come se fosse un fiume rigonfio. Ogni tanto dei detriti di maggior spessore mi investono, ma sono leggeri e non mi feriscono veramente.

Questo è il Sogno. E’ una specie di cattiva discussione, di cattiva digestione.
Ho creduto che entrare in questa corrente mi facilitasse le funzioni vitali, ma la polvere, la sabbia, è dappertutto. Tra i denti, nelle orecchie, negli occhi.
Il flusso non cessa mai: dicono che solo alla morte potremo fermarci, e solo in quel momento contare le ossa rimaste intatte; dicono anche che scherzare con il tempo è pericoloso. Ma io l’ho fatto. Ho corso il tempo come si salta un fossato, ed ecco perché non vedo il modo di fermare questa tempesta di sabbia.

Mi si sono rotti gli occhiali. Nel corpo umano ci sono 350 ossa, alla nascita. Durante l’età adulta si saldano e ne possiamo contare poco più di duecento.
Questa mattina – sempre che possa chiamare ‘mattina’ questa luce incerta d’alba – ne ho contate un centinaio. Forse perché non avere gli occhiali mi impedisce di avere un senso preciso degli oggetti?
Forse perché sono diventato un oggetto a me stesso?
Forse è finito, finito davvero, il mio viaggio veloce nel tempo?

FINE


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Silvia Accorrà è poeta, narratrice, fotografa. Ha pubblicato tre sillogi di poesia, "Mezzoforte" (Cultura Duemila, 1991), "Pesce di terra" (Lietocolle, 1995), "Città non nostre" (Libreria Croce, 2007) e due raccolte di racconti, "Rosso nucleare" (Atì 2008) ed "Entropie" (Calibano, 2023). Ha pubblicato una trilogia di romanzi di ambientazione giapponese, "Tokyo Love" (Damiani, 2014), "Hikari" (Prospero, 2017) e "Pareti sottili" (Prospero, 2019). Ha inoltre partecipato ad alcune antologie poetiche e narrative. Ha avuto una personale di fotografia nel 2006, una nel 2010 e una nel 2018. Lavora principalmente come traduttrice, ma anche come insegnante di lingua. Vive a Milano dalla nascita (1969), ma il suo cuore è altrove.

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