Un giovane prete, figlio di una domestica, riceve l’incarico di guidare una parrocchia di campagna, dove viene accolto con freddezza nonostante siano evidenti il suo impegno e la sua sensibilità nei confronti del prossimo.
Colpito ma non scoraggiato da questa indifferenza, il curato dà inizio a una profonda riflessione, che affida alle pagine di un diario: il lungo monologo interiore ripercorre le tappe che lo hanno portato a scegliere la vita religiosa, le sue considerazioni sul ruolo che dovrebbero avere la Fede e la Grazia nella società contemporanea, la sua cronaca degli eventi quotidiani del piccolo villaggio, affollato di personaggi ostili, volgari ma sempre degni di pietà e ascolto, fino alle pagine più intense, dove narra l’esperienza di un’autentica e sofferta conversione da parte di una parrocchiana altolocata e orgogliosa.
In tutto questo, il tono del racconto non sale mai fino a farsi predica, né si abbatte fino a diventare crisi e dubbio: il curato rimane consapevole di essere – esattamente come i suoi parrocchiani – un peccatore e che la ricerca della Grazia, così come la conferma della Fede, sono obiettivi che staranno sempre davanti a lui: le prove della vita non potranno mai farlo sentire arrivato, poiché la sua vera meta non dev’essere nel mondo al quale si rivolge nel suo scritto e che cerca umilmente, ma decisamente, di comprendere per poterlo amare.