Quanti vorrebbero aprire una libreria sacra, come quella di A. J. Fikry, il protagonista del romanzo La misura della felicità di Gabrielle Zevin? Io certamente vorrei farlo.
L’umorismo, la delicatezza e la sapienza descrittiva della Zevin rendono questo libro così vero che è come se vivessimo ad Alice Island, come se fossimo parte di quel mondo magico che è la libreria Island Books, definita dal personaggio Amelia Evans.
[…] un luogo sacro. Di fronte a librerie come questa, mi sento di dire con fiducia che il settore librario funzionerà ancora per molto tempo.
A.J.Fikry è il proprietario di una libreria, acquistata da giovane insieme alla moglie, ormai deceduta. Il suo carattere burbero e scostante è solo la fragile maschera di un uomo buono, ferito e che ha solo dimenticato come aprire il proprio (grande) cuore alla vita. Un giorno, una giovane donna abbandona sua figlia nella libreria, insieme a un biglietto:
Questa è Maya. Ha venticinque mesi. È molto intelligente, è eccezionalmente loquace per la sua età, ed è una bambina dolce e buona. Voglio che diventi una lettrice. Voglio che cresca in mezzo ai libri e con persone che si interessano di queste cose. Le voglio un bene immenso, tuttavia non posso più occuparmi di lei. Sul padre non posso contare e la mia famiglia non può aiutarmi. Sono disperata.
La piccola conquista subito il cuore dell’uomo e lo spinge a ricrearsi una vita e mettersi in gioco ma, soprattutto, ad amare di nuovo il suo lavoro. Aiutato anche dall’adorabile commissario Lambiase, dalla cognata Ismay e dall’agente della Knightley Press, Amelia Evans, A.J. e la piccola Maya trasformeranno la libreria Island Books in un posto di luce.
Il romanzo, oltre ad essere scritto (e tradotto) davvero bene, è ricco di riferimenti al mondo librario attuale, descritto con amore e ironia. Chi, tra gli avidi lettori e i professionisti del settore, non ha mai finto di aver letto tutto quello che ci si aspetta da “un vero intenditore”? O di preferire un “polpettone classico” a Harry Potter? Bene, A.J. non è da meno:
Stranamente, A.J. pensa a Proust. Anche se ha sempre sostenuto di aver letto per intero “Alla ricerca del tempo perduto”, in realtà ha letto soltanto il primo volume. È già stata dura leggere quello, e adesso lui pensa: Almeno non sarò costretto a leggere il resto.
Il rapporto di A.J. con il digitale, si rivela non solo nel suo sdegno verso gli e-reader, ma anche quando si trova costretto a cercare su Google indicazioni su come prendersi cura di un’infante:
Digita su Google la domanda: Cosa do da mangiare a un bambino di 25 mesi? La risposta che viene fuori è che la maggior parte dei bambini di quell’età dovrebbe essere in grado di mangiare ciò che mangiano i genitori. Google però non sa che quasi tutto quello che mangia A.J. è disgustoso.
La Misura della Felicità è una meravigliosa e toccante lettera d’amore per i libri, per tutti coloro che ogni giorno contribuiscono alla loro esistenza, dagli editori ai librai, perché ogni libro è un mondo che può lasciare un segno nella vita di una persona in innumerevoli modi diversi, a seconda di cosa serve a quella persona in quel momento. Tutti noi possiamo trovare in un libro quello che stiamo cercando: motivazione, conforto, amore, incoraggiamento, coraggio, e chi più ne ha più ne metta.
Nonostante le previsioni di molti sulla “fine dei libri”, mi sento di essere ottimista, come questo libro, perché abbiamo ancora tanto bisogno — forse oggi più che mai — di queste magnifiche porte verso la libertà.