La disubbidienza

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Aldo Lado gira un film insolito come La disubbidienza, che rappresenta un momento di rottura rispetto alla precedente produzione, caratterizzata da una grande attenzione verso il thriller violento. Lado resterà nella storia del cinema di genere per opere straordinarie come La corta notte delle bambole di vetro (1971) e Chi l’ha vista morire? (1972), per l’originale Sepolta viva (1973), ma anche per l’angosciante e torbido L’ultimo treno della notte (1975). Pochi lo ricorderanno per aver girato un prodotto indefinibile, tra il drammatico e l’erotico, come La disubbidienza, liberamente ispirato a un buon romanzo di Alberto Moravia.
Aldo Lado ambienta la storia a Venezia e racconta il dramma interiore di Luca (Diemunch), un ragazzo in conflitto con il padre (Adorf), borghese fascista, e con la madre (Nat), una cantante che si serve dei tedeschi per sfondare nel mondo della musica lirica. Luca diventa partigiano e solo per merito suo la famiglia scamperà alla persecuzione comunista del dopoguerra. Il ragazzo resta profondamente deluso da quel che accadrà dopo la liberazione. “Non ho fatto la guerra perché tutto restasse come prima”, afferma vedendo che gli amici credono al mito americano e non fanno niente per cambiare il mondo. In compenso prendono campo le nostalgie del padre: “Eravamo tutti fascisti e adesso non ce n’è più uno”, dice. La delusione di Luca nei confronti di una rivoluzione mancata è così grande da cercare l’autodistruzione, fino a rifiutare di farsi curare quando si ammala di polmonite. Il sesso è la salvezza di tutto, questo il messaggio desunto dall’opera di Moravia e rappresentato dalle due figure femminili, simbolo dell’educazione sentimentale di Luca. Therese Ann Savoy e Stefania Sandrelli danno vita a due personaggi intensi che riescono a riportare il ragazzo sulla strada maestra. La Sandrelli è un’infermiera innamorata, così come la Savoy è una domestica ebrea che concupisce il giovane con malizia erotica. Il film è la storia di un’iniziazione sessuale, un romanzo di formazione. Il sesso è la sola via di scampo al nulla che ci circonda, sembrano dire regista e sceneggiatori, soltanto l’amore dà un senso alla vita, non le mutevoli e caduche ideologie. Straordinario il personaggio del maestro fascista interpretato da Nanni Loy: “La politica è quella cosa con la quale o senza la quale tutto resta tale e quale”. Mario Adorf è molto più bravo in altre occasioni ma il suo personaggio non si presta a grandi evoluzioni perché è un borghese con simpatie reazionarie. Marie-José Nat è la moglie, cantante di regime, ben calata nella parte, diligente e senza grandi sussulti di recitazione. Bravo Karl Diemunch nei panni dell’adolescente. Niente male Marc Porel, una garanzia per il pubblico francese. Conturbanti Savoy e Sandrelli, che si contendono la palma dell’attrice più sexy, anche se la seconda è più  suo agio in un ruolo a metà strada tra il malizioso e il drammatico. Ottima la musica di Ennio Morricone, suadente e romantica, ma anche la fotografia veneziana di Dante Spinotti, nebbiosa e soffusa, non è da meno. Notevoli tramonti sulla laguna e alcune sequenze in barca verso le isole della città veneta. Il montaggio di Alberto Gallitti è compassato, lento, non in sintonia con la pellicola. La parte erotica occupa tutta la seconda parte, anche se il film comincia con un tono drammatico e cercando di fare un discorso politico – sociale. A un certo punto Lado sembra perdere il bandolo della matassa e punta su diverse sequenze hot che vedono la Savoy e il giovane Diemunch amoreggiare nascosti da un malandrino tendaggio. Il nascondino e la mosca cieca sono due varianti giocose per immortalare scene erotiche suggestive, accompagnate da una colonna sonora suadente, ma troppo lunghe. Tinto Brass utilizzerà Stefania Sandrelli in un ruolo ancora più erotico ne La chiave (1983), probabilmente ispirandosi al film di Lado, che – proprio come il suo – gode di una buona ambientazione veneziana. La disubbidienza è un Malizia drammatico, girato in un crescendo di erotismo, con poca suspense e nessun colpo di scena, ma di sicura presa per gli amanti del genere erotico – soft. In comune al breve romanzo di Moravia ci sono il tema della disubbidienza nei confronti dell’autorità paterna, la ribellione, la scoperta del sesso come momento fondamentale di crescita umana. “Non ti sei mai meritato la mia ubbidienza!”, dice il figlio al padre con disprezzo. L’ultima sequenza immortala il 2 giugno del 1946, con la radio che annuncia il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica.
Il romanzo di Moravia è ambientato a Roma, nel 1919. Lado, invece, opta per Venezia  e per il periodo storico che va dal 1944 al 1946.

Rassegna critica. Paolo Mereghetti (una stella): “Un film pretenzioso che in realtà punta molto sulle scene osé. Tutto suona ridicolo e stonato, anche le musiche di Ennio Morricone e la preziosa fotografia di Dante Spinotti”. Pino Farinotti e Manolo Morandini concedono due stelle senza motivare, valutazione che ci sentiamo di condividere per una serie di considerazioni che abbiamo cercato di esporre. La stroncatura di Mereghetti è eccessiva, rischia di gettare via il bambino con l’acqua sporca, perché alcune cose convincono: colonna sonora, fotografia, scenografia, sequenze erotiche, costumi e ambientazione in un credibile secondo dopoguerra. Sufficiente.

DATI FILM:

Regia: Aldo Lado. Soggetto: Alberto Moravia. Sceneggiatura: Barbara Alberti, Amedeo Pagani, Aldo Lado. Fotografia: Dante Spinotti. Montaggio: Alberto Gallitti. Scenografia: Mario Garbuglia. Costumi: Adriana Spadaro. Musiche: Ennio Morricone. Produttori: Giorgio Barattolo, Valerio De Paolis. Genere: Drammatico/Erotico. Produzione: Coop Cinema Democratico (Roma) – Les Films de Paris (Francia) – Rai Radiotelevisione Italiana. Direttore di Produzione: Paolo Tassara. Produzione: Italia/ Francia. Durata: 98’. Interpreti: Stefania Sandrelli, Therese Ann Savoy, Mario Adorf, Marie-José Nat, Karl Diemunch, Jacques Perrin, Marc Porel, Nanni Loy, Clara Colosimo, Fiorella Buffa, Joan Peter Boom, Lucio Saronni, Anna Maria Chio, Joseph Martorano, Paola Puccini, Enzo Spitalieri, Paolo Valle, Lorenzo Aiello, Rachele Cimmino, Compagnia Teatro 7 di Venezia. Anno: 1981.

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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