Una Heyer poco Austen
In questo romanzo gradevole, ma certamente non memorabile, l’avvio della trama è quello di tanti romanzi vittoriani: la nipote orfana e indigente presa in carico dalla zia benestante con l’immancabile stuolo di cugini più o meno aitanti. Qui, però, le atmosfere leggere e il tono ironico di Georgette Heyer si fondono con tematiche più cupe e lasciano spazio, negli ultimi capitoli, a un senso di tragedia incombente. Il tema della follia e il personaggio fortemente caratterizzato della dark lady, con tragico epilogo finale, nulla hanno a che vedere con la grazia della Austen, cui Georgette Heyer è stata spesso accostata. L’effetto che ne deriva è spiazzante e poco credibile. Tentativo poco riuscito di affrancarsi da un modello che è comunque arduo raggiungere.