Il bianco, il giallo e il nero

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Il bianco, il giallo e il nero di Sergio Corbucci vede, accanto a Tomas Milian (che per la prima volta nella sua carriera interpreta un orientale), due mostri sacri dello spaghetti-western come Giuliano Gemma ed Eli Wallach. Gemma, Milian e Wallach lottano insieme – per opposti motivi – contro un gruppo di banditi che ha rubato un cavallo sacro. In puro stile spaghetti-western, il film alterna comicità, violenza e azione cercando di fare un discorso antirazzista.

Sergio Corbucci ricostruisce in chiave comica Sole Rosso (1971) di Terence Young e si spinge sui territori della farsa western, partendo da un soggetto di Coscia e Troiso, sceneggiato in coppia con l’esperto Amendola. La forza del film sono i dialoghi, composti da battute calate in un contesto da avanspettacolo: salaci, pungenti, spesso fumettistiche, ricche di doppi sensi.

Si comincia con Eli Wallach, lo sceriffo Jack, detto il Nero (come il futuro dei criminali con cui si trova a combattere), che prima di uscire di casa si deve sorbire i discorsi della moglie logorroica. Il bello è che, mentre la donna parla, snocciola una serie di citazioni western collegate da un filo logico. La moglie di Jack parla della vita che fa il marito come difensore della legge e nel discorso ci mette Per un pugno di dollari, O’ cangaçeiro, Il mucchio selvaggio, Un dollaro bucato, C’era una volta il West, Altrimenti ci arrabbiamo e via dicendo. Alla fine si contano oltre venti titoli di film western, il nome di due registi (Barboni e Leone) e di due personaggi (Tanto di Ringo e di Django sono sempre io che me la piango!). Molto originale come incipit, non c’è che dire: una sorta di omaggio a un genere che sta per scomparire.

Eli Wallach incontra Giuliano Gemma, il fuorilegge Blanc de Blanc detto lo Svizzero, e subito dopo Tomas Milian, lo sgangherato aspirante samurai Sakura. I tre si mettono sulle tracce di un pony sacro rubato dagli indiani durante un assalto al treno che lo trasportava. Il console del Giappone è disposto a pagare ai rapitori un milione di dollari e una bella ricompensa a chi porterà la cassetta con il denaro ai malintenzionati. Alcune avventure al limite della farsa ci portano a scoprire che il rapimento del pony è stato organizzato da un banchiere che vuol far passare la ferrovia sul territorio indiano. Vuole incolpare gli Apaches per avere via libera con i lavori, inoltre ha già rubato i soldi del riscatto. Il banchiere era sicuro che lo sceriffo non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungere il posto stabilito per la consegna del denaro, soprattutto perché gli aveva sguinzagliato contro gli uomini del perfido rinnegato Donovan. Lo sceriffo e i suoi due compari comprendono il trucco e recuperano il pony sacro, che Jack il Nero riconsegna al console giapponese. Sakura resta con gli Apaches perché in quel villaggio ha trovato la sua vera ragione di vita. Lo sceriffo tenta di scappare dalla moglie, a bordo di un’auto nuova e in compagnia di una prostituta di saloon conosciuta durante l’avventura. Lo Svizzero non si fa fregare, rintraccia Jack il Nero, gli riporta moglie e figli, lo incastra con la famiglia e prende il suo posto.

Un film comico, volutamente scombinato, che si segnala per un Tomas Milian giapponese, simile al personaggio che vedremo in Delitto al ristorante cinese. Va citata la particolarità del personaggio di parlare in rima e di sbagliare le parole sostituendole con termini coloriti. “I soldati vanno scoglionati sul treno” (scaglionati), “Vogliono fare ricotta” (ricatto), “Uomo bianco si scoreggia troppo facilmente” (scoraggia), “In America tutti prostituti” (protestanti), “Un bambino che fregna” (frigna), “Noi siamo frutti” (fritti), “Va avanti a forza di nerchia” (inerzia), “Non ci sta prendendo per il sudore?” (sedere), “Muto come un piscio” (pesce). Il personaggio comico di Sakura è molto azzeccato e anticipa le caratteristiche future della comicità di Milian sotto la guida di Bruno Corbucci. Cammina curvo sulle spalle, corre come un forsennato, usa la scimitarra come un vero samurai, ha un ciuffo di capelli ritti in testa legati da un elastico, due baffetti spioventi e un vestito bianco. Tomas Milian si segnala per tempi comici perfetti ed è la nota vincente del film, mentre Giuliano Gemmma ed Eli Wallach si trovano più a loro agio alle prese con soggetti seri. Milian sa trasformarsi e adattarsi a ogni esigenza di copione, è bravo a interpretare il terribile Cuchillo come lo sciocco samurai Sakura.

Altre battute divertenti vanno citate. “Non sono un giapponese puro, sono figlio di un americano e di una giapposotta”. Gemma: “Cos’è una giapposotta?”. Milian: “Una giapponese un po’ mignotta”. Gemma: “Allora anch’io sono figlio di una svizzerotta”. Ma ancora: “Mia mamma lavorava in una caserma di soldati americani a Tokio”. Wallach: “E cosa faceva?”. Milian: “Lavava, stirava, scopava …”. Non dimentichiamo: “Qui finisce l’avventura del bravissimo Sakura”, con il samurai che parafrasa i fumetti del signor Bonaventura. E infine, di fronte a un complimento dello Svizzero: “Se non fossi giallo diventerei rosso”.

Le parti comiche sono molte e ben riuscite. Giuliano Gemma nei panni dello Svizzero non esita a dire: “Mettiamo i soldi in Svizzera che stanno più al sicuro”. Si prende i dollari e conclude: “Quando non c’è tempo per fare gli eroi, ognuno pensi ai cavoli suoi”. Lo Svizzero abbandona lo sceriffo al suo destino. Quando i tre si ritrovano, Milian afferma: “Sceriffo testa di volpe. Tu testa di cazzo”.

Notevole la trovata delle polpotte di Sakura che fanno venire il mal di denti e tengono svegli, ma confezionate in modo diverso addormentano i cavalli dei nemici. Divertente l’episodio nella città in preda a una banda di delinquenti erotomani che hanno incarcerato gli uomini e se la spassano con le mogli e le ballerine del saloon. I nostri eroi si travestono da donne, ammaliano i delinquenti infoiati, infine li menano a dovere e liberano il paese dal pericolo. Da ricordare la mise di Tomas Milian vestito da giapponesina con ombrellino di carta colorata e fiori di loto tra i capelli. Da segnalare Giuliano Gemma nei panni di un finto indiano che parla un napoletano stretto per fregare i soldi allo sceriffo e pure Sakura che canta O sole mio davanti alla banda del rinnegato Donovan. Subito dopo Sakura viene catturato e interrato con la testa che spunta fuori, sta per essere divorato dalle formiche, ma i suoi compagni lo salvano. La scena è da cartone animato: Sakura è preso per gli orecchi e tirato fuori al volo, tanto che nella sequenza successiva le sue estremità sono lunghe e rosse.

Ricordiamo il messaggio antirazzista che Sakura esprime con un azzeccato motto giapponese: Il colore della pelle non c’entra niente con la cattiveria umana, ci possono essere bianchi malvagi, rossi disonesti e neri farabutti. Tant’è vero che nella storia i più innocui e derelitti sono proprio gli indiani.

Vanno segnalate le belle musiche di Guido e Maurizio De Angelis (Oliver Onions), perfette per un western comico e scanzonato come questo; su tutte Bump e il tema portante White, Yellow and Black.

Sergio Corbucci è un regista straordinario quando si trova alle prese con le scene d’azione: rende credibile ogni sequenza acrobatica e cattura l’attenzione dello spettatore. Confeziona un vero western ma lo declina in vesti comiche, citando sia Fantozzi che Django, senza dimenticare Il mio nome è nessuno (il dito dell’autostoppista) restando fedele a Sole rosso versione parodistica.

Produzione italo – franco – spagnola, fotografia straordinaria di Luis Cuadraro con esterni ispanici che sembrano proprio Far West.


Regia: Sergio Corbucci. Soggetto: Antonio Troisio, Marcello Coscia, Sergio Spina. Sceneggiatura: Mario Amendola, Sergio Corbucci, Santiago Muncada. Fotografia: Luis Cuadraro. Montaggio: Eugenio Alabiso. Musiche: Guido e Maurizio De Angelis. Scenografia: Piero Filippone. Costumi: Silvio Laurenzi. Durata: 105’. Genere: Western Comico. Casa di Produzione: Tritone Cinematografica, Mundial Film, Filmel. Distribuzione: Cidif. Interpreti: Giuliano Gemma (Blanc De Blanc, Il Bianco), Tomas Milian (Sakura, Il giallo), Eli Wallach (Black Jack, Il Nero), Manuel De Blas (il maggiore Donovan), Jacques Berthier (Butler), Romano Puppo (Kelly), Nazzareno Zamperla (il sergente con Donovan), Mirta Miller (la rossa del saloon), Ideo Saito (Yamoto), France Nuyen (il console giapponese), Lorenzo Robledo (il colonnello), Cris Huerta, Edy Biagetti, Tito Garcia, Franco Tocci, Rafael Albaicin, Lorenzo Piani, Carla Mancini, Giovanni Petrucci, Giovanni Petti. Anno: 1975.

 

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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