Colazione da Tiffany

1961: a quasi sessant’anni di distanza da oggi al Radio City Music Hall di New York viene proiettato per la prima volta Colazione da Tiffany. Tratto dall’omonimo romanzo di Truman Capote, il film rappresenta una storia di libertà personale, incentrata sulla giovane accompagnatrice Holly che cerca un posto in questo mondo, meglio ancora se da Tiffany.

Holly non è un personaggio né facile né scontato, così come non è stata la scelta per il ruolo di protagonista. Inizialmente pensato e voluto dallo stesso Capote per la mirabile Marilyn Monroe, che fu persuasa al rifiuto dal suo agente, per evitare che la sua immagine potesse uscirne macchiata con l’interpretazione di una prostituta, la preferenza cadde su Audrey Hepburn, dopo aver scartato nomi come Jane Fonda, Rosemary Clooney e Shirley Maclaine.
Proprio la Hepburn riesce a impersonare una nuova e fresca femminilità: eccentrica, emancipata, padrona di quel savoir-faire provocatorio che non scade mai nella volgarità e che la consacrerà a icona, quasi quanto la scena iniziale di una New York deserta, di un tubino nero (firmato Givenchy) e di un biscotto danese mangiato (con grande sforzo) davanti alla vetrina della gioielleria più famosa della città che, per l’occasione, aprì la prima volta di domenica.

La storia prende avvio una notte, quando, a seguito di un appuntamento finito male, Holly cercherà una via di fuga per le scale antincendio del proprio palazzo, fino ad arrivare all’appartamento del nuovo inquilino: Paul Varjak. In questa circostanza scopre di condividere con lui molto di più che il solo stabile: l’uomo si fa mantenere da una donna in cambio di prestazioni sessuali e, dopo averla vista andare via, Holly entra nella stanza, svegliandolo. Da qui inizierà una conoscenza di alti e bassi con Fred (rinominato così da lei per la somiglianza con suo fratello), che la metterà a confronto con il peso di un’infanzia difficile e l’aspirazione a trovare un posto nel presente, capace di eguagliare quel silenzio, quell’aria superba proprie di Tiffany: unico luogo capace di darle tranquillità durante una delle sue giornate, piene di “paturnie” che sono solo la superficie delle sue profonde inquietudini, e che riesce a mascherare bene ma ciclicamente ricompaiono.

Quando si è davvero liberi? Dal passato non si sfugge, ma è il presente che si sceglie. Quanto può essere ordinario guardarsi Indietro, vergognarsi, incolparsi di ciò che si è fatto provando quel desiderio di nascondere e nascondersi attraverso una finta facciata di menefreghismo? E quanto invece è più singolare prenderne atto, rileggersi e comprendersi, concludendo che siamo segnati dal nostro “ero” ma siamo sempre noi a scegliere il nostro “sarò”? Questa è la vera libertà, e Holly ne è un esempio per tutti noi.

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