Russell Hoban – Il topo e suo figlio

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Il topo e suo figlio di Russell Hoban non è una fiaba per soli bambini: è la vicenda di un padre e di un figlio particolari, una fiaba per adulti che narra di due personaggi di latta legati per le mani e mossi dalla molla dentro il corpo del genitore; ed è un’avventura fantastica e inaspettata attraverso un mondo di rifiuti.

Il topo e suo figlio sono un unico giocattolo: il padre tiene il figlio dinanzi a sé, e nel suo movimento meccanico lo solleva e balla, occhi negli occhi, indissolubilmente, finché la carica a molla glielo consente. Ciò nonostante sono due entità diverse, hanno aspettative differenti e perfino il loro modo di affrontare il mondo sarà dissimile. Il motore che fa muovere il giocattolo è nel padre: è lui quello con i piedi per terra, quello concreto, ma anche quello ormai disilluso; il figlio è con i piedi all’aria, vuoto nel suo guscio di latta, ma compensa quel vacuo metallo con i suoi sogni e con le sue speranze per il futuro.
C’è un’altra cosa che rende difficile la vita di questo giocattolo bipartito, ed è la carica a molla: ci deve sempre essere qualcuno che li ricarichi; per questo motivo il topo e suo figlio sono alla ricerca di una soluzione, di qualcuno che possa realizzare per loro un meccanismo in grado di renderli finalmente liberi da questa dipendenza.
La loro storia è nel viaggio assediato da pericoli e personaggi inquietanti, da alleanze improbabili e da metafore sul filo del rasoio: un vagabondare inquieto fra le tenebre, rischiarate a fatica da sporadici lampi, dal luminoso senso della vita. Troppo spesso crediamo che il nostro mondo, quello che siamo in grado di percepire, sia il mondo intero, e con tale metro pretendiamo di misurare ogni evento.

Quella che Russel Hoban, rappresentante di quel realismo magico tanto caro a Calvino o a Marquez, tesse con fili inossidabili e non scalfiti dallo scorrere del tempo è una fiaba morale quasi priva di morale, sempre in bilico fra lo sferragliare sghembo delle parole e gli sprazzi di poesia, senza – meravigliosamente – deragliare mai.

Una lettura che parla di rapporti tra padre e figlio, di sogni che si realizzano o restano sospesi, del tempo che scorre rapido e non sempre a misura d’uomo.

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Giorgio Olivari nasce a Brescia nel secolo scorso. È professionista nel campo del disegno industriale da più di trent’anni. Dopo i primi quarant’anni da lettore scopre la scrittura per caso: uno scherzo della vita. La compagna di sempre lo iscrive a un corso di scrittura creativa: forse per gioco, più probabilmente per liberarsi di lui. Una scintilla che, una volta scoccata, non si spegne ma diventa racconto, storie, pensieri; alcuni dei quali pubblicati dai tipi di BESA in "Pretesti Sensibili" (2008). La prima raccolta di racconti brevi, "Futili Emotivi", è pubblicata da Carta & Penna Editore nel 2010. La sua passione per la letteratura lo ha portato a “contagiare” altri lettori coordinando gruppi di lettura: Arcobaleno a Paderno Franciacorta, Chiare Lettere a Nave.

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