Trepidante entrò in cabina e chiuse in modo nervoso ma silenziosoamente la porta di metallo dietro di sé. Posò la chiave rubata sul tavolo, accanto al leggio. Girò la sedia polverosa e si sedette. Aveva passato lì dodici anni, prima di essere licenziato. Conosceva la stanza come i seni di una donna amata. Tirò la base del microfono vicino al proprio viso. Per abitudine stense le dita della mano destra tra il microfono e la bocca, per rispettare la distanza consigliata. Poi premette il bottone e la lampadina rossa si illuminò: il microfono era aperto e lui stava per cominciare. La sua voce raggiunse tutti i quartieri e le orecchie della città:
Attenzione!
Attenzione!
Attenzione!
Questo non è un appello tecnico!
Questo non è un appello tecnico!
Questo non è un appello tecnico!
Questo è il segnale di un vero disastro!
Questo è il segnale di un vero disastro!
Questo è il segnale di un vero disastro!
Ascoltate, gente…
Inghiottì la saliva. Sentiva la bocca disseccata. I suoi occhi erano come impazziti. La voce tagliava l’aria e si ficcava nelle abitazioni popolari e nei cuori…
Non avessi la carità, non sarei nulla!
Non avessi la carità, non sarei nulla!
NON AVESSI LA CARITÁ, NON SAREI NULLA!
Il microfono cominciò a crepitare. Volando passò un grande uccello o un aereoplano e coprì la via con la sua ombra.
Traduzione di Emilia Mirazchiyska