Antonio Pigafetta – Relazione del primo viaggio intorno al mondo

0
5420

Questa terra del Verzin è abbondantissima e più grande che la Spagna, Franza e Italia tutte insieme: è del re de Portugallo. Li popoli di questa terra non sono Cristiani e non adorano cosa alcuna; vivono secondo lo uso della natura e vivono centovincinque anni e cento quaranta; vanno nudi cosí uomini, come femmine; abitano in certe case lunghe che le chiamano boii e dormono in rete de bambaso, chiamate amache, legate ne le medesime case da un capo e da l’altro a legni grossi: fanno foco in fra essi in terra. In ognuno di questi boii stanno cento uomini con le sue mogli e figlioli facendo gran rumore.

Hanno barche d’uno solo albero, ma schize chiamate canoe, (s)cavate con menare di pietra. Questi popoli adoperano le pietre, come noi il ferro, per non aver(n)e. Stanno trenta e quaranta uomini in una di queste; vogano con pale come da forno e cosí negri, nudi e tosi assomigliano quando vogano a quelli della Stige palude.

Sono disposti uomini e femmine come noi; mangiano carne umana de li suoi nemici, non per buona, ma per una certa usanza. Di questa usanza, lo uno con l’altro, fu principio una vecchia, la quale aveva solamente uno figliuolo, che fu ammazzato da li suoi nemici, per il che, passati alcuni giorni, li suoi pigliarono uno de la compagnia che aveva morto [il] suo figliuolo e lo condussero dove stava questa vecchia. Ella, vedendo e ricordandose del suo figliuolo, come cagna arrabbiata, li corse addosso e lo mordette in una spalla. Costui de lì a poco fuggì ne li suoi e disse come lo volsero mangiare, mostrandoli el segnale de la spalla. Quando questi pigliarono poi di quelli, li mangiarono, e quelli de questi; sí che per questo è venuta tale usanza. Non se mangiano subito; ma ogni uno taglia uno pezzo e lo porta in casa, mettendolo al fumo; poi ogni 8 giorni taglia uno pezzetto, mangiandolo brustolato con le altre cose per memoria degli sui nemici. Questo me disse Ioanne Carvagio piloto, che veniva con noi, il quale era stato in questa terra quattro anni.

Questa gente si dipingono meravigliosamente tutto il corpo e il volto con fuoco in diverse maniere; anche le donne; sono tosi e senza barba, perchè se la pelano. Se vestono de vestiture de piume di pappagallo, con rode grandi al culo de le penne maggiori, cosa ridicola. Quasi tutti li uomini, eccetto le femmine e fanciulli, hanno tre busi nel labbro de sotto, ove portano pietre rotonde e longhe uno dito, e piú e meno di fuora pendente. Non sono del tutto negri, ma olivastri; portano descoperte le parte vergognose; el suo corpo è senza peli, e cosí omini qual donne sempre vanno nudi. Il suo re è chiamato cacich. Hanno infinitissimi pappagalli e ne dànno 8, o 10 per uno specchio; e gatti maimoni piccoli; fatti come leoni, ma gialli, cosa bellissima. Fanno pane rotondo bianco de midolla de arbore, non molto buono, che nasce fra l’arbore e la scorza ed è come ricotta: hanno porci che sopra la schiena tenono il loro ombelico, e uccelli grandi che hanno el becco come uno cucchiaro, senza lingua.

Ne davano per una accetta o coltello grande una o due delle loro figliole per schiave; ma [le] sue mogliere non dariano per cosa alcuna. Elle non farebbero vergogna a’ suoi mariti per ogni gran cosa, come ne è stato riferito. Di giorno non consentono a li loro mariti, ma solamente di notte. Esse lavorano e portano tutto el mangiare da li monti in zerli, ovvero canestri sul capo o attaccati al capo; però essendo sempre seco [i] suoi mariti solamente con un arco de verzin o de palma negra e uno mazzo di frezze de canna: e questo fanno perchè sono gelosi. Le femmine portano [i] sui figlioli (at)taccati al collo in una rete da bambaso. Lascio altre cose per non esser più lungo.

Si disse due volte messa in terra per il che questi stavano con tanta contrizione in ginocchioni, alzando le mani giunte, che era grandissimo piacere vederli. Edificarono una casa per noi, pensando dovessimo star seco alcun tempo, e tagliarono molto verzin per darnelo a la nostra partita. Era stato forse due mesi [che] non aveva piovesto in questa terra; e quando giongessemo al porto, per caso piovette. Per questo dicevano noi venire dal cielo e avere menato nosco la pioggia. Questi popoli facilmente se converterebbono a la fede di Gesù Cristo. Imprima costoro pensavano [che] li battelli fosseno figlioli de le navi e che elli li partorisseno quando se buttavano fora de nave in mare; e stando così al costado, come è usanza, credevano [che] le navi li nutrissero.

Una giovane bella venne un dì nella nave capitania, dove io stava, non per altro se non per trovare alcuno recapito. Stando così aspettando, buttò lo occhio sopra la camera del maestro, e vide uno chiodo longo piú de un dito, il che pigliando, con grande gentilezza e galanteria se lo ficcò a parte a parte de li labbri della sua natura; e subito bassa bassa se partitte, vedendo questo il capitano generale e io.

 

Antonio Pigafetta: un viaggio intorno al mondo
di Anna Ettore

Protagonista di uno dei più incredibili viaggi di esplorazione del mondo, Antonio Pigafetta

fu un navigatore e geografo italiano, nato a Vicenza nel 1492.

L’importanza della sua impresa risiede principalmente nel fatto che partecipò alla prima circumnavigazione del globo terrestre tra il 1519 e il 1522, e riuscì a completarla dopo l’uccisione di Ferdinando Magellano, lasciando di questo viaggio una dettagliata descrizione nella Relazione del primo viaggio intorno al mondo, un manoscritto che venne smarrito e fu poi ritrovato nel 1797, e che al giorno d’oggi viene considerato uno dei documenti più importanti relativi alle scoperte geografiche del Cinquecento.

Personaggio affascinante e sfuggente, Antonio Pigafetta rappresenta ancor oggi una parziale incognita per gli studiosi. Di lui si sa troppo poco per definirne un profilo soddisfacente sul piano biografico. Sono scarsi sia i documenti originali che le testimonianze dei contemporanei, e il carattere di questo personaggio si ricava soprattutto da quanto egli stesso scrive nella Relazione.

La sua narrazione della prima circumnavigazione del mondo fu uno dei più grandi risultati conseguiti in tutta la storia delle esplorazioni marine e di scoperta.

In essa si trovano descrizioni dei popoli, dei paesi, dei prodotti e anche delle lingue che vi si parlavano, di cui il navigatore cercava di tracciare alcuni brevi glossari.

Pigafetta racconta di come, trovandosi a Barcellona nell’anno 1519, viene a sapere della spedizione di Magellano, ed essendo desideroso di conoscere il mondo, chiese ed ottenne il permesso di partecipare al viaggio.

La flotta di Magellano partì da Siviglia il 10 agosto dello stesso anno con 5 piccoli vascelli, dirigendosi verso le Canarie e scendendo lungo le coste africane fino a varcare la linea dell’Equatore. Da lì navigarono verso le coste del Brasile dove si fermarono per qualche tempo, facendo provviste e intessendo amichevoli contatti con gli indigeni antropofagi che vi abitavano.

Spostandosi, successivamente giunsero in Patagonia, dove passarono i mesi dell’inverno: nella desolata solitudine dei luoghi incontrarono le popolazioni locali, che ai loro occhi pieni di meraviglia, a causa delle loro robuste corporature, sembrarono dei giganti.

Scampati all’ammutinamento di uno dei capitani e di alcuni marinai scontenti, continuarono l’esplorazione della costa. Uno dei vascelli fece naufragio, ma riuscirono a salvarne l’intero equipaggio.

Procedettero fino alla scoperta dello stretto che prese così il nome da Magellano, il 21 ottobre del 1520, e lo attraversarono, anche se una delle navi disertò per tornare in Spagna.

Giunsero infine nelle Filippine, dove fecero conoscenza con i nativi che si dimostrarono ospitali e li accolsero come ospiti nel palazzo del re. Gli indigeni, colpiti dalla celebrazione della messa e dal crocefisso piantato nell’isola, promisero di convertirsi al Cristianesimo.

In breve tempo si svilupparono commerci e scambi, e il re, la regina e altri notabili di Cebu si convertirono, fino a che rapidamente tutta la popolazione li seguì nella nuova religione.

Poco tempo dopo accade l’episodio disastroso che cambiò il corso della spedizione, perché Magellano prese parte ad un conflitto tra alcune tribù locali e rimase ucciso. Il resto della spedizione riuscì a salvarsi e si ritirò preparandosi a partire, ma una trappola tesa dall’interprete di Magellano e dal re di Cebu portò ad un altro massacro nelle file degli europei.

I vascelli superstiti proseguirono per il Borneo e per la città di Brunei, dove riuscirono a rifornirsi, poi da lì, viaggiando in direzione sud, arrivarono alle Molucche, 27 mesi dopo la partenza dalla Spagna e trovando calorosa accoglienza da un re astrologo che aveva predetto il loro arrivo.

Ma a questo punto, nonostante gli affari e i ricchi scambi che si prospettano, il loro desiderio di tornare in Spagna li incalzava e li spinse ad un rapido ritorno.