“I predestinati” di Heiko H. Caimi

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Una lettura che scuote

Che cosa accade in una fabbrica, prossima alla riduzione del personale, se gli operai, lavoratori imborghesiti del tempo presente, dimentichi di Marx e ignari della lotta di classe, decidono di scioperare? È questo lo spunto da cui prende le mosse I predestinati, romanzo d’esordio di Heiko H. Caimi.  La trama presenta il ritratto di un proletariato che ha rinnegato se stesso, schiacciato da un sistema imprenditoriale, politico e culturale che lo manovra e lo manipola abilmente. L’occhio dell’autore, infatti, si sposta, come una telecamera, dai picchetti operai alla stanza dei bottoni, dove i padroni ordiscono le loro contromosse, in una partita avvincente quanto cinica e  distruttiva.

Un’opera corale entro cui si muove una variegata galleria di personaggi, fra i quali spiccano emblematicamente Mogno, il direttore generale della fabbrica, tenuto in scacco dalle proprie ambizioni, e Paruscia, ex sindacalista reso innocuo dalla promozione a dirigente; ma soprattutto è sugli operai che si sofferma lo sguardo disincantato dell’autore: su Gaetano che sogna per la figlia, brillante studentessa universitaria, una carriera nel Grande Fratello, su Mustansar che, esule dal Pakistan, è riuscito a sbarcare il lunario nei capannoni della Italmek, e su Saverio, la cui sagoma solitaria apre e chiude la narrazione, conferendole un fievole barlume di speranza.

Le lotte operaie rimandano a un immaginario che affonda le radici negli anni Settanta, e risulta contingente la descrizione di una fabbrica che nulla ha da invidiare agli anni di piombo, mentre è sostanzialmente cambiato il panorama umano che la popola, perché ha irrimediabilmente perduto la dimensione collettiva, a beneficio dell’individualismo più becero, fulcro su cui fa leva il Potere.

Il romanzo di Heiko H. Caimi può, quindi, essere letto a più livelli: storia di uno sciopero, metafora della parabola proletaria negli ultimi decenni, desolata riflessione sulla manipolazione delle masse. Fanno da corollario a questi filoni portanti l’inettitudine dei sindacati, le critiche (neanche troppo velate) alle forze dell’ordine, il tema dell’informazione (affrontato con un esilarante registro grottesco).

Il ritmo serrato della narrazione, la trama abilmente orchestrata che avvince il lettore fino alle ultime pagine, lo stile accurato eppure fruibile, rendono godibile (se non pop) un denso romanzo di critica sociale.
Si può concordare come dissentire dall’interpretazione della realtà proposta da I predestinati, ma di certo è un’esperienza che non lascia indifferenti.
Una lettura coinvolgente e disturbante che, lungi dal pacificare, solleva interrogativi.

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Antonia Buizza è nata a Brescia nel 1972 e ha trascorso tutta la sua vita a scuola, passando senza interruzioni dal banco alla cattedra. Attualmente insegna lettere in una scuola media della Franciacorta. vive in Franciacorta, dove svolge l'attività di insegnante. Recentemente ha pubblicato la sua prima antologia di racconti, "Fuori fa bel tempo" (Prospero, 2017).

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