Liz Quirke – Mná na hÉireann, trenta anni dopo

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e che cosa sembra?
Quali nomi vengono ricordati, cosa abbiamo imparato?
Anne Lovett, Baby X, Miss C,
cadute, disprezzate, perdute e per che cosa?
Per coprire, perdonare il cromosoma Y senza nome e senza colpa
e castigare coloro che “non hanno saputo tenersi i pantaloni”

Portateci il sacerdote, conducete fuori le suore.
Lasciate che la loro novena abbia finalmente una funzione.
I peggiori peccatori non possono nemmeno essere salvati,
solo sollevati, sollevati sopra il pulpito
in uno scialle di vergogna intessuto dalle congregazioni
che darebbero fuoco allegramente alla pelle di un peccatore.

Se il riflettore abbaglia tra le loro gambe,
non riesce a percorrere i foschi corridoi piastrellati
nelle stanze dove vengono fatti gli accordi, firmate le carte.
Neanche la luna illuminerà le forme
di quelle automobili appostate, ronzanti in folle vicino alle porte sul retro
in attesa di portare bastardi appena nati presso divine abitazioni,

dove i loro crimini e quelli delle loro madri possono sparire
ridursi via via e ardere, e la preghiera può risalire,
rinati con nuovi cognomi, inseriti tra i degni.
Solo dopo che le braci si raffreddano, l’aria ricade pesante,
i pii possono cercare di lavarsi le mani,
purificarsi prima di inginocchiarsi per cercare la salvezza.

Ma nessuna acqua corrente può rimuovere quel lavoro manuale.
La fuliggine e l’inchiostro creano tatuaggi difficili.
Una volta sotto le unghie in profondità non c’è niente con cui cancellarli.
Puoi levigare la pelle, forse, strofinare le palme con carta vetrata
per sfocare l’oscurità, e almeno si può fare finta
che non tutte le mani riempiano le colonne nei registri della cappella

con solo i legittimi, a pagine di distanza
da resoconti di donne malate, di donne violentate e di ragazze spezzate,
ignorati da quelli vestiti e incravattati, con vestiti e colletti,
invece, concentrati sull’inebriante riversarsi di vino d’altare
e whisky decantato sul retro lasciato a scaldarsi nelle pance
gonfie, piene di un lavoro ben fatto.

Nota: Il gaelico “Mná na hÉireann” significa “Donne d’Irlanda”, ma per non tradire lo spirito del testo originale inglese, nel quale l’espressione non era tradotta, abbiamo scelto di lasciarla anche noi nella lingua di origine dell’autrice.

Traduzione di Silvia Accorrà

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Liz Quirke vive a Spiddal, Contea di Galway, con la moglie e le figlie, ed è candidata per il dottorato alla NUI di Galway. La sua raccolta di poesie di debutto “La Biologia della Maternità” è in uscita presso Salmon Poetry (aprile 2018). Ha lavorato a diverse pubblicazioni, tra cui New Irish Writing, The Irish Examiner, Southword e Crannóg. Ha vinto numerosi concorsi: tra i più recenti il Concorso di Poesia breve originale della Settimana degli scrittori di Listowel nel 2017, e il Concorso di Flash Fiction del Festival letterario di Dromineer nel 2016.

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