Abbiamo costruito vite, non noi,
ma l’aspetto del posto dove pensavamo dovessimo essere.
Offerto magia ai pozzi,
influenza alla linea dolorosa dei tamburi
sconfiggendo il bordo esplicito del cielo; al flagello degli alberi
il suggerimento di un’anima, come se avessimo capito la terra grigia.
Cercati su Google, te e la carnalità, te e il rosso,
e la terra. Evoca antenati che predavano il sole su mappe forforose,
chiamando Dio e negoziando. Nella speranza di essere ascoltati di nascosto
da qualcuno che potrebbe dire no no no non andare in quella direzione,
abbandona la tautologia dei pozzi, acqua, fanghiglia; abbandona la verità
che pensi essere nel modo in cui la pioggia cade, o non lo fa. Lascia andare
le idee sugli Dei, la preghiera di non essere solo.
E dove andrai adesso che sospetti che la Vergine
si sia rivelata umana?
Forse rastrella il continente di internet alla ricerca
del posto in cui stare – sotto una nebbia sfilacciata
su terreni paludosi a miglia di distanza da qui, terra sfregiata
dalla scomparsa della fede.
Ok, allora sei pronto a fare due passi
sul tetto, la torre, il campanile; vedere in rovina
il cottage, la scuola. Guarda come giace la terra e,
improvvisamente è Autunno. Le fragili
zucche in attesa in una ciotola di ceramica
piene di come usarono il nostro stentato sole, l’aria salata.
Alla fine dell’estate la coccinella è stanca. Ma rossa. La piccola
mucca di Dio. Sta male. E dale appuntite felci
SI alza un’allodola. Vecchi titoli
ritornano indietro, numeri di morti, miracoli.
E noi abbiamo questo: il giardino incurante,
erbacce tra filari di barbabietole, carote nel loro avvizzimento.
Perché la vergine indossa un mantello rosso quando quello che abbiamo sempre visto era blu.
Perché l’abbiamo fatto? Perché abbiamo sognato che potrebbe essere diverso?