
Fisso le scarpe:
consumate, macchiate di pittura, alcune mostruose,
alcune sfondate, come bocche,
da tempo cadute nel silenzio.
Ma le mani parlano, e i corpi, improvvise con gesti protesi,
Accompagnano la risata.
Una ragazza legge un libro.
Sbircio il titolo – Ricongiungimento – il testo in inglese.
Mi dice che è difficile continuare a leggere;
Non per la lingua ma per il dolore della storia.
Siamo bianchi e neri in uno scompartimento per gente di colore,
esuberanti, fra spintoni, fra suoni di schiocco e gutturali.
Le offro una gomma; mi dice che devo cambiar treno.
Ci sono ipod e borse annidate in grembo,
Un accento britannico informa i viaggiatori
Dei cambi, degli arrivi.
Potremmo essere a Londra, New York o Pechino.
Nel treno successivo, attendo; nessun conforto dalla voce fuoricampo,
La luce del giorno gettata via rapidamente come bicchieri di carta nella pattumiera.
Adesso siamo al buio, sono sola con un uomo e la mia batteria è esaurita.
Si toglie gli auricolari, offre il suo telefono.
All’arrivo, cammina insieme a me, lentamente,
dicendo ‘lei di solito non viaggia in treno.’
Vengo abbandonata lì dolente – non molestata, non derubata, e ritrovata.