L’Italia ha bisogno di eroi?
Il secondo romanzo di Stefano Tevini trasporta l’Italia nella mitologia del genere supereroistico, con i risultati che ne conseguono: i protagonisti, oltre ad avere superproblemi, sono tutt’altro che eroici, e la loro storia, intrecciandosi con quella del nostro Paese, si tinge da subito di tinte fosche.
Siamo ben lontani dai puerili tentativi fumettistici del passato, nei quali improbabili eroi tutti d’un pezzo si cimentavano con supercriminali sul suolo nostrano: le Maschere di Tevini sono delle mezze figure, metafore del potere costituito e ad esso funzionali; l’apparato politico e quello militare se ne appropriano strumentalizzandole fin dalle loro origini, durante la Grande Guerra.
Alle loro spalle un Grande Vecchio, Gorgia, che, nel procedere della narrazione, rivela i retroscena e la genesi dei meta-umani italiani: vigilantes mascherati, privi di qualsiasi scrupolo in ragione della loro stessa sopravvivenza. Per il bene della patria, naturalmente.
Tra ucronia e distopia, “Testamento di una maschera” è una riflessione amara sul nostro presente e sul nostro recente passato, condotta con piglio adrenalinico. Tanti sono i personaggi, e altrettanti i punti di vista, ma la cupezza di fondo ammanta tutto il romanzo, tra complotti, servizi segreti e bugie di Stato. Perché si sa che tutto deve cambiare affinché nulla cambi.
L’autore bresciano finisce così per smascherare la vera indole dei supereroi, quella reazionaria, andando un po’ più in profondità di quanto avesse fatto Alan Moore con il suo “Watchmen”.
Un romanzo disincantato e significativo, nel quale i super-eroi si dimostrano un vero e proprio anatema.