Una tragedia annunciata
Remigio eredita il podere paterno, e lascia l’impiego per occuparsene. Luigia, la matrigna, non si fida di lui e, pur se non lo danneggia, neanche l’aiuta; Giulia, la nefanda amante, dopo aver rubato tutto ciò che può cerca di cavargli soldi per mettersi tranquilla; i salariati approfittano della sua inettitudine e altri accampano diritti illegittimi sulla sua proprietà; infine anche la natura sembra infierire.
Storia di uno sprovveduto di una dabbenaggine più unica che rara, Il podere descrive un mondo di lupi da cui nessuno si salva, un’umanità schiava dell’ignoranza, dell’incomunicabilità, della diffidenza e della disonestà dove prevalgono gli avidi e i meschini. Un immanente senso di crudeltà pervade l’intero romanzo, fino all’ineluttabile tragedia finale, risolta però un po’ frettolosamente.
La storia scorre, senza mai incagliarsi, con uno stile sobrio e diretto, ricco di dialoghi, che ci fa entrare subito nel vivo della vicenda. Il quadro che Federigo Tozzi dipinge dei suoi concittadini senesi, rafforzato dallo sfondo autobiografico, non è dei più rassicuranti, e riguarda l’umanità tutta, oggi come ieri.