Il presidente del Borgorosso Football Club

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Quando l’impiegato vaticano Benito Fornaciari (Alberto Sordi) si reca a Borgorosso per dare un ultimo saluto al padre morente, trova ad attenderlo un paese completamente deserto. Soltanto poche persone rimangono accanto al signor Libero, sanguigno e amatissimo presidente della squadra locale, che giace sul letto di morte nella grande casa dei Fornaciari Valli ascoltando una cronaca calcistica dalla radiolina. In quello stesso istante, infatti, tutti gli abitanti sono allo stadio a supportare i bianconeri del Borgorosso Football Club, che giocano un match fondamentale per la promozione in serie D.

Alla morte del padre, Benito eredita la proprietà del Borgorosso ma, spinto dalle insistenze della madre, pianifica di disfarsi immediatamente di quel costoso giocattolo. Quando in paese si diffonde la notizia che il nuovo presidente ha svenduto i giocatori migliori, gli abitanti insorgono in una vera e propria rivolta popolare. Perché nel piccolo borgo emiliano, dal sindaco alle operaie, dai frequentatori del bar al parroco, non c’è cuore che non batta per il Borgorosso Football Club. E così, travestito da donna e costretto a barricarsi in camera, ascoltando la voce ultraterrena del padre che gli parla da un ritratto, Benito improvvisa un discorso (comicamente mussoliniano) con cui rabbonisce i tifosi in rivolta e promette un futuro di scintillanti vittorie per la squadra.

Quasi per caso, l’impacciato funzionario viene catapultato dai noiosi corridoi della Santa Sede alla presidenza del Borgorosso, dove tutto è passione disinteressata e roboante. E tra allenatori imbroglioni, calciatori sovrappeso, ritiri blindatissimi e sedute propiziatorie dagli zingari, Benito sarà chiamato ad imparare (più con tentativi rocamboleschi che con metodo rigoroso) tutte le scaltrezze di quello che diventerà per lui un mestiere.

La pellicola riprende con i toni propri della commedia un tema, come quello dell’inetto, molto caro alla sensibilità novecentesca. Nel momento in cui viene chiamato a prendere il comando del Borgorosso, infatti, Benito manca di tutte le qualità che hanno reso suo padre una istituzione cittadina. Sin dalle prime scene, il neo-presidente si rivela mammone, taccagno, credulone, ingenuo e, cosa ancor peggiore, sprovvisto della minima passione per il gioco del calcio. Ma, proprio nel momento più tragico (l’assedio dei tifosi alla villa), avviene una conversione che ha del miracoloso: Benito abbandona finalmente i meschini calcoli di profitto della madre per abbracciare la filosofia romantica e sognatrice del padre, con cui si riconcilia (almeno idealmente) dopo trent’anni di silenzio. La sua attività di presidente si trasforma in un trionfo di vitalità, tra leccornie della cucina emiliana, notti trascorse con le mogli dei giocatori e follie di calciomercato, grazie alle quali Benito scopre un mondo di affetti e piccoli piaceri che la sua vita precedente non ha saputo regalargli. Il Borgorosso Football Club rappresenta per lui il ritorno a un’esistenza autentica e genuina, in cui le preoccupazioni dell’età adulta cedono il passo ai sogni della fanciullezza e dove Benito, per la prima volta, finirà per trovare una famiglia.

Il film scorre piacevolmente, spinto da episodi di fine comicità e ritornelli goliardici (come dimenticare il grido di battaglia dei bianconeri: chi si estranea dalla lotta è un gran…) e arricchito da una serie di personaggi buffi e gustosi, su tutti l’allenatore Josè Bonservizi, presunto genio della tattica chiamato dal Perù, che si rivela nient’altro che un impostore dallo spiccato accento napoletano. Da sottolineare l’interpretazione di Alberto Sordi (nuovamente diretto da Luigi Filippo D’Amico dopo Bravissimo, I complessi e I nostri mariti) che, oltre a firmare la sceneggiatura insieme al mostro sacro Sergio Amidei e ad Adriano Zecca (uno che ha calcato realmente i campi di calcio), si conferma il vero e proprio centro gravitazionale del film e dà vita a un personaggio indelebile nel panorama della commedia all’italiana.

A impreziosire il tutto un finale teneramente sentimentale, in cui le rivalità tra le diverse fazioni del Borgorosso cedono di fronte alla generosità di Benito che, come ultimo gesto d’amore per la squadra e i suoi tifosi, annuncia l’acquisto del campionissimo ex-juventino Omar Sivori. E sulle note di una canzone diventata un vero e proprio tormentone, tutto il paese si unisce in un carosello di clacson e bandiere bianconere, gridando per le strade che il football è sempre il gioco più bel, con quel pizzico di sana follia che contraddistingue i tifosi (e il presidente) del Borgorosso Football Club.

 

leggi la recensione di Sorgo Rosso

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Marco Pinnavaia è nato a Milano nel 1993 e vive a Cusano Milanino, una piccola città giardino che allevia lo stress della vita cittadina. All'università studia Scienze Internazionali per diventare ambasciatore. Dalla fine del liceo ha incominciato a scrivere articoli sia per testate locali ("Sprint&Sport", "Nuovasesto") che per siti online ("La Città di Cinisello", "Vogue.it"). Grazie a Hemingway, Hesse e Garcia Marquez è rinata in lui la passione per le storie meravigliose e antiche che da bambino ascoltava dagli adulti nelle sere d'estate. Così, forse un po' in ritardo, ha provato a prendere in mano la penna per raccontare i sogni e i colori della sua immaginazione. Ama viaggiare con lo zaino in spalla e tutto ciò che riesce a stupirlo. Sogna una barchetta a remi per andare a pescare e tanto tempo per scrivere.