Un salutare pugno nello stomaco
Un pugno nello stomaco delle convenzioni e delle convinzioni borghesi. Personaggi impegnati a conciliare una lite tra bambini, un sopruso commesso da uno dei figli sull’altro. Civilmente. Da sotto quella patina, anzi da sotto quel cerone, presto emerge la vera natura dei convenuti. Selvaggia, incontrollabile. Non perché sotto il velo della civiltà c’è sempre una belva pronta a sbranare il prossimo. Ma perché questi piccolo borghesi sradicati proclamano valori, anche umanitari e pedagogici, che non hanno radici in loro. Come per sentito dire. Come se la cultura di cui si ammantano fosse soltanto una messinscena da esibire in pubblico. Infatti anche le coppie, apparentemente consolidate, si sgretolano e mostrano il loro vero volto: atrocemente insoddisfatto, fortemente conflittuale. E sempre emerge il senso di colpa verso l’incapacità di trattenersi, di disciplinarsi, di essere decorosi e presentabili. Si credono persone civili, ma non sanno argomentare. Si lanciano provocazioni e proclami vuoti, deprivati di senso. Persone senza principi. La rabbia nasce anche dal non saper sostenere le proprie posizioni, dall’ignoranza che impedisce di dare un seguito ad affermazioni basate sul niente. Dall’interpretare una parte posticcia. Personaggi, non persone.
C’è chi ha accusato Yasmina Reza di essere cinica. Qui non c’è cinismo: c’è solo una credibile e lucidissima analisi dell’essere umano occidentale medio. Un’analisi raffinata, anzi raffinatissima, messa in scena come la dimostrazione di una tesi; non sterile, non vuota come le parole dei protagonisti, bensì nitida, evidente. Peccato soltanto che l’autrice non porti la situazione alle estreme conseguenze, che abbandoni i suoi personaggi sul più bello, che il peggio non possa deflagrare fino al punto da non poter più tornare indietro. Tuttavia è un peccato quasi veniale.