Casotto

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Casotto è un film che nasce per caso, da un’idea di Sergio Citti che una sera vede in televisione Una domenica d’agosto (1949) di Luciano Emmer, ambientato sulla spiaggia di Ostia. Il regista si lascia affascinare dall’idea di un’unità di spazio, di tempo e di luogo dove si svolge l’azione, ma nel suo progetto la macchina da presa non segue i personaggi: sono le singole personalità a presentarsi davanti all’operatore in un istante ben preciso della loro esistenza. Casotto è proprio questo, un film girato con una macchina da presa situata all’interno di una grande cabina da spiaggia popolare – un casotto, in romanesco – che registra le diverse situazioni messe in atto da un gruppo di personaggi durante una giornata al mare. Il titolo è composto da una doppia allusione: la denominazione dialettale del termine cabina e il casotto che sta per gran confusione, per caos del tutto disorganizzato. Pochissimi esterni, soltanto il prologo, una parte onirica e alcuni sprazzi di mare intravisto dalla porta lasciata aperta del casotto, poi il film è quasi tutto girato in studio, con un taglio assolutamente teatrale.

La pellicola si apre con Ninetto Davoli nelle vesti di folletto, un deus ex machina che apre la scena e conduce lo spettatore dalle dune sabbiose della spiaggia ventosa di Ostia – dove non riesce ad accendere la sua sigaretta – all’interno di un riparato e confortevole casotto, per poi dileguarsi e lasciare il posto alle comparse che si succedono davanti alla macchina da presa. Citti e Cerami non scrivono una trama complessa e unitaria: il racconto globale è costituito da una serie di racconti, quasi fosse una commedia a episodi tenuta insieme dal collante balneare, dalla sfilata dei personaggi che compongono la narrazione. Vediamo un gruppo di pallavoliste con il loro burbero allenatore, un prete austriaco con due membri virili e tante inibizioni, due burini che si portano al mare due ragazze incontrate per caso, due amiche in combutta con un laido assicuratore per un losco affare, due soldati gay che si fingono maschi sciupafemmine, una coppia di fidanzati che non riesce a far l’amore, per finire con una ragazzina incinta che i nonni vogliono maritare incastrando un inetto cugino.

Casotto è commedia balneare che vive di episodi e di grandi prove da attori, una rassegna di tipi strani e grotteschi tormentati dai propri problemi, una sfilata di comparse da sottoproletariato urbano romanesco che compone il fulcro vitale della storia. Un giorno di festa al mare per modificare esistenze immodificabili, per risolvere problemi insolubili, vissuto in un mix di cattiveria e leggerezza, di gioiosità e perfidia, tipici del cinema di Citti. Finale con un acquazzone estivo improvviso che costringe tutti a fare rientro in città, dove le situazioni abbozzate sul mare in un giorno di festa, che lo spettatore ha vissuto in uno spaccato di esistenza, riprenderanno il loro corso.

Il film è girato a Ostia per i pochi esterni marini, a Campello sul Clitunno e nel parco regionale Valle del Treja per la parte onirica, ma in gran parte realizzato negli Studi De Paolis, dove viene ricostruito un casotto. Gli attori sono tutti molto indovinati, anche se per il ruolo del laido assicuratore che gode nel far soffrire le donne e non vorrebbe avere rapporti con loro, era stato scelto Marcello Mastroianni, poi sostituito da un più congeniale Ugo Tognazzi. A quanto riferisce il produttore Gianfranco Piccioli, soltanto Jodie Foster – quindici anni, fresca di Oscar per Taxi Driver (1976), la ragazzina incinta da far sposare a Michele Placido – sarebbe stata retribuita per la pellicola. Catherine Deneuve, interprete di una suggestiva parte onirica con Luigi Proietti che la sogna in un prato, sembra che ricevette come compenso un gioiello di Bulgari (tra l’altro perduto mentre girava la scena). Tutti gli altri recitano per fare un regalo a Citti e per commemorare la scomparsa di Pasolini, ucciso poco tempo prima nelle vicinanze della spiaggia di Ostia; inoltre le maestranze tecniche sono le stesse di Salò (sceneggiato da Citti) e i titoli di testa vengono scritti – in una sorta di omaggio – proprio come faceva il Maestro (neri su sfondo bianco).

Citti non rinuncia alla storia ma racconta diverse situazioni, affidando alla bravura degli attori la riuscita dell’operazione. Proietti e Citti sono due perfetti trucidi borgatari che rimorchiano due ragazze non certo bellissime, ribattezzate il lupo (Sebestyen) e Cappuccetto Rosso (Algranti), che cercano soltanto qualcuno che offra loro il pranzo. Proietti alla fine cadrà nella trappola ordita dal nonno Paolo Stoppa, si innamorerà della finta ingenua nipotina Jodie Foster e resterà incastrato. Michele Placido è un bamboccione abruzzese, sciocco e ingenuo, che alla fine torna a casa in treno, capisce di essere stato sfruttato e che all’ultimo momento qualcuno ha preso il suo posto nel cuore della cugina. Paolo Stoppa è straordinario come nonno burbero e litigioso, che insieme alla moglie fa di tutto per rimediare al pasticcio combinato dalla nipotina senza dire niente ai genitori.

Indimenticabili le sequenze del pranzo al mare da sottoproletariato urbano, celebrato nel casotto con un rito alimentare a base di cocomero, fettine impanate e pollo. Il segmento che riguarda Tognazzi e le sorelle Melato è volutamente sgradevole, presentando un assicuratore che per un indennizzo di sei milioni pare pretendere dalle due donne la realizzazione di strane fantasie erotiche, mentre è un represso invasato che finisce per essere violentato. Carlo Croccolo mette in scena un divertente intermezzo con la fidanzata, finisce bruciato dal sole e non riesce a consumare il sospirato rapporto. La parte onirica interpretata da Proietti e Deneuve è ai limiti del surreale, tra prati, cascatelle, pecore contate per dormire, belle ragazze e soldi da riscuotere, per finire con la tentazione prodotta dalla ragazza che rappresenta l’ingenuità. Ninetto Davoli conclude il film con la foto finale di tutti i personaggi all’interno del casotto, ma nel corso della storia sono poche le sequenze che li vedono tutti uniti, di solito si danno il cambio sul palcoscenico.

Tecnica di regia matura e sincera, con molte panoramiche e piani sequenza, campi e controcampi inevitabili, visto il tema teatrale. Si vede che l’autore ama Pasolini e Ferreri, sia per le volute citazioni a un mondo caro al poeta di Casarsa che per la cattiveria intrinseca alle singole storie, ma pure Citti come perversa visione del mondo non scherza, visto che è lo sceneggiatore di Salò e in tempi non lontani ha confessato: “Salò lo avrei fatto ancora più cattivo, anche perché a me stanno antipatiche le vittime, e l’avrei fatto tutto dalla parte dei carnefici, facendoli interpretare da tre comici.” (Detti e contraddetti, Conversazione con Sergio Citti, di Sergio Toffetti).

Fotografia di Tonino Delli Colli, luminosa e solare, montaggio di Nino Baragli con il dovuto ritmo, musiche non fondamentali del maestro Mazza. Il figlio di Vincenzo Cerami, Matteo, ha reso omaggio al padre (che ha scritto parte del soggetto) con il film Tutti al mare (2011), ispirato al lavoro di Citti, girato a Ostia, con interpreti (tra gli altri) Luigi Proietti e Ninetto Davoli. Interpretazione autentica di Sergio Citti, che scrive il film dopo aver visto Domenica d’agosto: “C’era una spiaggia, degli attori, e ho visto questi due protagonisti in primissimo piano davanti alla macchina da presa che facevano di tutto per dire delle bugie, delle cose senza senso, mentre giù in fondo, sicuramente nascosto fuori campo, c’era un aiuto regista che faceva muovere queste comparse che passavano e andavano; dietro c’era anche gente che andava nelle cabine e dopo un po’ sortiva; era una lunga sequenza e io mi sono incuriosito a guardare quelli lì che funzionavano dietro, e ho detto: beh! Quelli lì stanno a fare la cosa più onesta di tutti; e che staranno a fare? Ecco quello è entrato in quella cabina: che starà a fare? Quello è uscito, quello passa. M’ha incuriosito la cosa, e ho voluto fare una storia su quelli che non fanno niente.” (Conversazione con Sergio Citti di Mauro Paganelli).

Casotto è stato distribuito in Italia il 28 ottobre 1977. Uscito subito dopo in Olanda (1979), Portogallo (Un domingo de praia, 1979), Colombia (Un domingo en la playa, 1980), Spagna (La caseta de la risa, 1982) e Germania (Strandgeflüster, 2000). Inutile dire che la critica italiana non apprezzò per niente il film, al punto che per anni Cerami l’ha tolto dal curriculum per evitare problemi, rivalutato solo in tempi recenti da veri amanti del cinema come Enrico Ghezzi. Sergio Citti non ha mai avuto un buon rapporto con la critica, che demolì Casotto, dicendo che morto Pasolini anche il suo figlioccio Citti aveva perso l’ispirazione: “Mi definivano naïf, che io non sapevo nemmeno cosa volesse dire naïf… Sì, sarò ingenuo, però onesto, almeno mi chiamassero l’onesto. Come si dice onesto in francese? Gli unici due che non vedono il film sono i critici e il regista che lo gira; tutti vedranno il film, ma i registi non vedranno mai i loro film, non riuscirò mai a vedere un film mio: lo faccio, già ce l’ho in mente, già l’ho visto; e i critici: perché ne vedono troppi, o perché… ti faccio un esempio, parlo per segni: te dico magna sta minestra e tu ti metti lì e cominci a sentì: qui ce sta olio, un po’ de sale, un po’ d’origano… hai finito la minestra ma non ti sei accorto del sapore della minestra, hai cercato di capire quello che c’è dentro la minestra e il sapore della minestra non l’hai inteso più, per cerca’; e così il critico va al cinema già prevenuto: “quello no! Quell’altro no! quello… quell’altro…” e il cinema è passato.” (Conversazione con Sergio Citti, a cura di Mauro Paganelli e Riccardo Rosetti.).

Vediamo la critica. Maurizio De Benedictis: “Il regista di Casotto si riprende il narrare e lo apre a una leggerezza, un piacere del narrare in sé in cui il negativo drammatico o tragico fonde. (…) La cifra di Citti è soprattutto in  questo: lo sciogliersi del senso tragico nel gusto di narrare (che quel senso, in Pasolini, serviva invece a costruire).” (Maurizio De Benedictis, Sergio Citti, la stella e la fame, in Sergio Citti, lo Straniero del cinema italiano). Paolo Mereghetti (tre stelle e mezzo): “Sceneggiatore con Vincenzo Cerami, Citti gira uno dei suoi film più riusciti: in unità di tempo e luogo, uscendo di rado dal casotto, racconta senza una sbavatura un’umanità affamata di soldi e sesso, e quasi sempre frustrata. E lo fa con un umorismo cattivo, impietoso, e al tempo stesso miracolosamente lieve: dal basso materiale-corporeo vola nel surreale, lasciando ogni volta basiti e meravigliati. All’epoca fece scalpore il prete cui la natura ha giocato un brutto scherzo, come scrisse la scheda del Centro Cattolico Cinematografico. La partecipazione di tanti attori famosi (come la Deneuve, che compare nel sogno di Gigi) fu una specie di atto di solidarietà dopo la morte di Pasolini. La quindicenne Foster venne chiamata sulla scia del successo di Taxi Driver. Cerami ha ripreso l’idea del film nell’assai meno riuscito Tutti al mare, esordio di suo figlio Matteo”. Morando Morandini (tre stelle): “Da un racconto di Vincenzo Cerami. Una ventina di persone si spogliano nella stessa cabina – la numero 19 – di una spiaggia libera di Ostia in una calda domenica d’agosto. Con un colpo di genio pratico e poetico, Citti risolve in una mossa solo tre problemi: il basso costo, le esigenze commerciali, un’originale struttura drammatica. Allegria crudele, pessimismo ilare, ironia blasfema”. Pino Farinotti (due stelle) è il critico che con il passare del tempo non ha cambiato molto il suo punto di vista sul film e non pare così entusiasta dal campionario di umanità poco edificante che vede sfilare all’interno della cabina numero 19.

Soggetto e Sceneggiatura: Sergio Citti, Vincenzo Cerami. Costumi: Mario Ambrosino. Scenografia: Dante Ferretti. Montaggio: Nino Baragli. Fotografia: Tonino Delli Colli (Technicolor). Direttore di Produzione: Paolo Vandini. Musica: Gianni Mazza. Edizioni Musicali: Inc (Milano). Produttore Associato: Cristiana Catanese. Produttori: Mauro Berardi, Gianfranco Piccioli. Casa di Produzione: Parva Cinematografica. Aiuto Regista: Umberto Angelucci. Cast: Giovannella Zannoni. Assistente alla Regia: Anita Sanders. Segretaria di Edizione: Beatrice Banfi. Aiuto Costumista: Barbara Canevari. Assistente al Montaggio: Rossana Maiuri. Aiuto Montaggio: Bruna Abbatelli. Ispettore di Produzione: Carlo Barbieri. Operatore alla Macchina: Carlo Tafani, Alfredo Senzacqua. Assistente Operatore: Giancarlo Granatelli. Aiuto Operatore: Sandro Battaglia. Fotografo di Scena: Deborah Beer. Trucco: Alfredo Marazzi, Gino Tamagnini. Parrucchiera: Maria Rizzo. Sarta: Carmela Severina. Fonici: Francesco Groppioni, Massimo Iaboni. Microfonista: Giulio Vigiani. Effetti Speciali: Luciano Anzellotti. Registrazioni Sonore: Cinemontaggio. Apparecchiature: Westrex Recording System. Mixage: Sandro Bocchetti, Mario Lupo. Teatri di Posa: De Paolis – Incir (Roma). Negativi: Eastmancolor. Colore: Technicolor (Roma). Genere: Commedia balneare grottesca. Durata: 100’. Interpreti: Jodie Foster (Teresina), Mariangela Melato (Giulia), Michele Placido (Vincenzino), Luigi Proietti (Gigi), Paolo Stoppa (il nonno), Ugo Tognazzi (Alfredo Cerquetti), Franco Citti (Nando), Catherine Denueuve (la donna del sogno), Clara Algranti (Iole), McKenzie Bailey (il prete), Massimo Bonetti (secondo soldato), Ninetto Davoli (il folletto), Katy Marchand (fidanzata di Carlo), Marco Marsili (nipotino), Flora Mastroianni (la nonna), Anna Melato (sorella di Giulia), Gianni Rizzo (allenatore pallavolo), Julie Sebestyen (Gloria), Gianrico Tondinelli (primo soldato), Carlo Croccolo (Carlo). Anno: 1977.

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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