Anywhere Anytime

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Che bello Anywhere Anytime! Se vi capita  andate a vederlo. Noi ci siamo riusciti grazie al Piccolo Cineclub Tirreno, una realtà meritoria del Comune di Follonica che – in piena crisi di spettatori al cinema – porta ogni settimana cento, duecento persone in una piccola sala a vedere pellicole di qualità.

Il regista è il debuttante (per la fiction) documentarista iraniano Milad Tangshir, che mostra competenza tecnica e grande amore per il cinema italiano. Gli spettatori presenti si sono complimentati con lui per questa rivisitazione attualizzata di Ladri di biciclette, il capolavoro neorealista di Cesare Zavattini e Vittorio De Sica. Il regista mette in pratica, nella sua Torino, la poetica del pedinamento tanto cara a Zavattini: segue istante dopo istante la vita quotidiana di un immigrato senegalese alle prese con il problema del lavoro e dei soldi da mandare a casa, inserendo una rapida storia d’amore e un incontro quasi materno in una casa italiana, per finire con il ricordo di un dramma che l’accompagnerà per tutta la vita.
La sceneggiatura ricalca identiche parti di Ladri di biciclette, solo che il protagonista è un immigrato che deve lavorare come rider sulla piattaforma Anywhere Anytime (in ogni momento, a ogni ora) grazie a una bicicletta comprata insieme a un amico. Il furto della bicicletta scatena l’ossessione del ragazzo per trovare un altro mezzo che gli garantisca la sopravvivenza e la possibilità di un guadagno per mandare denaro a casa.
L’idea del regista era usare Ladri di biciclette per riflettere sul presente, questo ha detto al termine del film, non di fare un remake fine a se stesso. Il film infatti indaga, settantacinque anni dopo, il mondo di chi ha un bisogno vitale di biciclette per sopravvivere. Sono i nuovi poveri, gli emarginati, gli invisibili, molto più soli del sottoproletariato urbano del passato, che aveva almeno la consolazione della famiglia.

Molto bravo l’attore protagonista – Ibrahima Sambou – sulle cui spalle grava tutto il peso del film, con quello sguardo triste e profondo, con la sua paura frammista alla voglia di andare avanti per aiutare chi si aspetta tanto da lui, per abbandonare la solitudine, per trovare la sua dimensione nel mondo. Non è un attore professionista e non gli ho venduto sogni, – ha detto il regista, – sa bene che recitando in un film indipendente non si diventa attori professionisti, ma ha accettato il ruolo con entusiasmo e si è gettato in quest’avventura, condividendo con me le presenze ai festival. Se non accadrà niente di nuovo ha sempre il suo lavoro come aiuto-cuoco.
Torino è un’altra protagonista importante della pellicola, con tutti i suoi rumori, al punto che la colonna sonora è venuta prima della sceneggiatura: un mix mirabolante di sonorità etiopi e senegalesi di stampo jazz, confuse con la sinfonia della strada.
Per un film simile il suono in presa diretta è una necessità, così come non servono attori ma persone con un vissuto da raccontare, perché è dalla mappa dei ricordi che si costruiscono i personaggi.
Milad Tangshir scrive il dramma di un uomo comune, di un emarginato invisibile, in relazione con la città e le sue strade, pedinando le sue disavventure fino all’ultima sequenza girata sulla spiaggia tra Torre del Lago e Viareggio, il nuovo presente del ragazzo in fuga.

Alcune sequenze sono indimenticabili. Il breve momento di possibile amore con una ragazza immigrata nel campo profughi, la gita in bicicletta di notte, il colloquio tra due solitudini che porta la ragazza a cantare. Hai una bella voce, dice lui. Ma non serve, risponde l’altra. Saper cantare non risolve i problemi alimentari.
Notevole l’incontro con l’anziana donna italiana – un’altra solitudine – alle prese con un marito malato di Alzheimer, che raccomanda al ragazzo di chiamare la madre ogni sera e di mandarle un bacio: entrambi si sentiranno meno soli.
Infine la sequenza con la bicicletta rubata scagliata nel fiume che rappresenta il rifiuto del ragazzo a essere quel che la vita l’ha fatto diventare; lui non è un ladro, non è un omicida, è stata la necessità a trasformarlo.

Tecnica di regia matura e compiuta, improntata a un crudo realismo di stampo documentaristico; fotografia (Maio) fredda e livida di una Torino immortalata nei suoi luoghi più veri e meno turistici; montaggio (Giovannone) compassato, anche se 80 minuti sono la misura giusta per le cose da raccontare; sceneggiatura che si avvale dell’esperienza del bravo Daniele Gaglianone.
Un piccolo film che è un vero gioiello. Non ve lo fate scappare, sommersi come siamo da immondizia in celluloide.


Regia: Milan Tangshir. Soggetto e Sceneggiatura: Giaime Alonge, Daniele Gaglianone, Milad Tangshir. Fotografia: Giuseppe Maio. Montaggio: Enrico Giovannone. Produttori: Marta Donzelli, Gregorio Paonessa, Roberto De Paolis, Carla Altieri. Case di Produzione: Vivo Film, Young Films, Rai Cinema. Distribuzione (Italia): Fandango. Genere: Drammatico. Durata: 80’. Lingua Originale: Italiano, Wolof (sottotitolato). Interpreti: Ibrahima Sambou, Moussa Dicko Diango, Success Edemakhiota. Anno: 2024.
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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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