“12 Dicembre” di Giovanni Bonfanti e Pier Paolo Pasolini

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Un breve documentario (43’) restaurato dal Fondo Pasolini (per merito di Enzo Ocone) con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, voluto da Lotta Continua, importante da un punto di vista politico per capire i mandanti della strage di piazza Fontana e la condizione del movimento operaio negli anni Settanta, soprattutto nel Sud più depresso. Idea di Pasolini, sviluppata dal fido collaboratore Giovanni Bonfanti, che si avvale dell’aiuto del critico Goffredo Fofi e di Maurizio Ponzi, Nicola Dimitri e Bernardo Bertolucci (non accreditato), a riprova di quanto il documentario sia un’opera collettiva. La regia è di Bonfanti, ma Pier Paolo Pasolini in alcune parti (interviste agli operai) fa sentire la sua mano e il suo stile (inquadrature dei ragazzi).

Tutto comincia a Milano, il 12 dicembre 1970, un anno dopo la strage di Piazza Fontana nella Banca dell’Agricoltura. Gli autori del film vogliono sentire alcuni protagonisti per sfatare il mito dell’attentato anarchico e di sinistra, per puntare il dito su parti deviate dello Stato e sulla destra fascista strumentalizzata dal potere. Il documentario è strutturato secondo una tecnica pasoliniana, stile Comizi d’amore, con interviste a passanti inconsapevoli, per far capire quanto poco sia stata compresa la verità dal popolo, quindi si passa a Liliano Paolucci che racconta il dialogo con il famoso tassista (Rolandi), unico testimone a carico di Pietro Valpreda. Il regista intervista anche Cornelio Rolando, morto un anno dopo il film, che ricorda di aver condotto il presunto attentatore sul luogo dell’eccidio.

La camera stacca, si sofferma sulla tomba di Giuseppe Pinelli, vediamo le interviste alla moglie Luciana e alla madre, viene approfondito il famoso suicidio, la morte incredibile precipitando da un finestrone e cadendo in cortile, con la successiva e inutile corsa in ospedale. Viene riferito dagli atti ufficiali che il Pinelli a una precisa imputazione a lui rivolta si buttò dalla finestra. Bonfanti intervista anche l’avvocato Gentini, che difende Lotta Continua nel processo contro il commissario Calabresi e cerca di confermare la sua verità: l’estraneità anarchica dall’attentato.

Quando la macchina da presa passa a intervistare un gruppo di operai che racconta in modo genuino la verità su Piazza Fontana, si nota lo stile di Pasolini, che cerca di far parlare chi meno sa parlare, ma è convincente nella sua naturalezza e spontaneità. Gli operai di Pasolini sono un valore perduto, purtroppo, assuefatti e globalizzati da quel consumismo che il poeta così tanto temeva: non possiedono più la naturalezza ideologica del passato. La verità viene subito fuori, spontanea: le bombe non hanno matrice anarchica, non sono di sinistra, sono di Stato, sono bombe fasciste che servono al potere per fiaccare il movimento operaio, perché l’ideale partigiano è stato tradito, nonostante la Costituzione, tra scioperi affogati nel sangue e fascisti che reprimono cortei.

Bonfanti e Pasolini si spostano a Colonnata (Massa Carrara), tra gli operai del marmo e le morti bianche, persone che vagheggiano una rivoluzione, ricordano i lutti in famiglia nelle cave di marmo, in un lavoro fatto di turni massacranti, di totale insicurezza e di pericoli quotidiani.

Pasolini è il dominus delle interviste agli operai dell’Italsider di Bagnoli: tra slogan come lotta dura senza paura e brani di Bandiera rossa, viene fuori la denuncia della catena di montaggio, delle condizioni di lavoro penose e di un salario inadeguato. Troviamo la mano di Pasolini anche durante quella sorta di guerra civile per Reggio Calabria capoluogo, con immagini cruente degli scontri tra ragazzi e polizia, addirittura con l’esercito mandato a fiaccare la resistenza dei poveri. La macchina da presa di Pasolini si muove tra baracche e ragazzi, volti di operai del passato, rivoluzionari in erba.

Il documentario termina a Torino, con la Fiat, gli emigranti meridionali che non sono bene accolti neppure da persone di sinistra, un razzismo strisciante che non comprende la disperazione che fa muovere persone da luoghi così diversi in cerca di lavoro. Pasolini cerca di definire da poeta il solco enorme che separa un siciliano da un piemontese, intervista una ragazzina che si è ben adattata alla diversità del Nord, dove trova il divertimento che al Sud manca (La Sicilia va bene per passarci le ferie, dice) e un padre che rimpiange la terra perduta.

Un documentario che è uno spaccato di vecchia Italia perduta, che fa rivivere in 45’ le contraddizioni degli anni Settanta.


Idea: Pier Paolo Pasolini. Soggetto e Sceneggiatura: Giovanni Bonfanti, Goffredo Fofi. Regia: Giovanni Bonfanti e Pier Paolo Pasolini. Collaboratori: Nicola Dimitri, Maurizio Ponzi, Bernardo Bertolucci. Montaggio: Lamberto Mancini. Fotografia: Giuseppe Pinori, Sebastiano Celeste, Enzo Tosi, Roberto Lombardi. Assistente alla Regia: Fabio Pellarin. Suono: Bruno Nappa, Pasquale Rotolo. Musica: Pino Masi. Direttore di Produzione: Umberto Angelucci. Sviluppo e Stampa: Studiocine. Sincronizzazione: Ager Tecnica. Mixage: Nino Renda. Produzione: Giovanni Bonfanti. Distribuzione: Lotta Continua. Genere: Documentario. Durata: 43’. Anno: 1971
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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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