Nell’isola di Procida arriva Angela. A Procida nasce Salvo. Leggiamo i suoi pensieri da quando è ancora in gestazione: da lì vede e sente e, soprattutto, cerca di prendersi spazio spintonando il fratello gemello che con lui trascorre i nove mesi, e a cui racconta quello che succede fuori, che non vedrà più dopo la nascita.
Angela, la madre, di nobile famiglia napoletana, è stata mandata a Procida dai genitori per evitare lo scandalo di una maternità senza matrimonio, ma soprattutto perché Rosina, la donna nera, la “janara”, custode della casa dei Leito, la facesse abortire.
Rosina l’aspetta sul molo, spalle al mare. Non parla e non guarda mai il mare: gli dà sempre la schiena. Gesticola, si fa capire, e porta via alla nuova arrivata i beni più cari. Prende a cuore Angela, che a sua volta non parla più per aver perso il suo grande amore e resta a vivere sull’isola, appartata per la maggior parte del tempo su una pietra vicino al mare. È lì che nasce Salvo (lo stesso nome del padre), e che il fratello gemello, con uno stratagemma della “fattucchera”, sarà consegnato appena nato ai genitori di Angela, che lo daranno in adozione lasciando Salvo, nato per secondo, con la madre. I parenti non sapranno nulla.
Ma Angela è una madre che, pur presente fisicamente, non saprà amare il figlio. Salvo si farà largo tra i grandi sviluppano poteri di telepatia e capacità di gestire lo spazio e il tempo.
Nessuno parla; tutti si capiscono, però. È Rosina (molto richiesta nell’isola per le sue “magarie”) a occuparsi di Salvo e di tutto il resto: senza proferire verbo, solo con i gesti, lo porta al mercato, gli insegna a conoscere le erbe magiche e a gestire gli animali. Il bambino fa amicizia con l’unico coetaneo, l’autistico Nuccio, figlio di Annina, commariella di Rosina. Nemmeno Nuccio parla, ma per Salvo è come un fratello, e con lui gira in largo e in lungo la piccola isola. Nuccio adora il mare ed e sempre lì vuole andare; Salvo si sente invece uomo di terra e delle galassie, con il compito di portare amore universale. Ama tutti Salvo, compresi la madre e il suo dolore, Rosina e la sua stravaganza, gli animali che gli girano attorno. Ma proprio per l’amore nei confronti di Nuccio, che è sempre stato relegato in casa, Salvo dovrà andarsene da Procida per esaudire un suo desiderio.
Dopo trentadue anni Salvo è sul traghetto che lo riporta all’isola, ma di porta dietro un passato pesante. Il mare lo accoglie, il vento gli parla. Va al faro: nelle onde alte gli sembra di vedere Nuccio, e tutto è rimasto bello come lo ricordava. Va verso Villa Lieto, davanti al sasso sulla spiaggia dove è nato . “C’è una mancanza di padre mai conosciuto e una mancanza di madre che ha sfiorato la mia esistenza. Guardo dietro gli anni e vedo come si completa il corpo mio a ogni settimana che passa […] dove si vede mezza Procida, c’è vento e so che non ti dimenticherò mai, madre mia […] ascolto il mare che mi prende per scemo e anche il vento mi insulta il cuore con le sue supposizioni”.
Con una scrittura che mescola italiano e dialetto napoletano, Luigi Romolo Carrino costruisce un romanzo che si ama pagina dopo pagina per la capacità di trasmettere emozioni pure. L’autore dedica l’opera alle scrittrici italiane, prime fra tutte, Elsa Morante (di cui sono riportati alcuni brevi stralci) e Anna Maria Ortese, che hanno dato a Procida la sua immortale bellezza.
È un libro molto affascinante, arricchito da una scrittura ricercata e molto interessante, che nell’insieme regala davvero una lettura coinvolgente.