Terra e libertà

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Liverpool. Una ragazzina fruga tra le cianfrusaglie del nonno, l’operaio David Carr, venuto a mancare dopo un attacco di cuore. Da un valigione sgualcito, lasciato a prendere polvere in cima ad un armadio, riemergono lettere, ritagli di giornale e un fazzoletto rosso contenente una zolla di terra. La nipote decide di immergersi nella lettura di quelle carte e, piano piano, scopre che il nonno ha condotto un’esistenza tutt’altro che banale. Un lungo flashback ci riporta negli anni Trenta del Novecento, quando il giovane David Carr, disoccupato e iscritto al Partito Comunista inglese, decide di fare i bagagli e recarsi in Spagna, per unirsi alle Brigate Internazionali nella guerra civile contro le truppe del generale Franco.

Tuttavia, una volta arrivato nella penisola iberica, David viene casualmente indirizzato nelle file del PUOM (Partido Obrero de Unificacìon Marxista). Nella milizia il ragazzo trova altri giovani provenienti da tutta Europa, accanto ai quali può finalmente combattere per i valori di cui tanto ha sentito parlare nella piovosa Inghilterra. Tra le lunghe attese sulle montagne d’Aragona e le sporadiche incursioni nei villaggi dei contadini, David si innamora di Blanca, compagna tenace e dolce con cui condivide le sofferenze della guerra. Ferito a un braccio a causa di un’arma mal funzionante, è però costretto ad abbandonare la milizia per farsi curare a Barcellona. Dopo una breve esperienza nelle Brigate Internazionali, supportate dal governo e sempre più determinate a potare le frange anarchiche e rivoluzionarie del fronte antifascista, David sceglie di ricongiungersi al PUOM e a Blanca. Ma saranno proprio le truppe governative a spezzare per sempre l’azione militare del PUOM e, insieme ad essa, anche i sogni e le speranze del giovane Carr, in un tragico finale su una terra sporca di sangue, nella quale si avverte più che mai il bisogno di libertà.

Il lato più originale di questo lavoro di Ken Loach è la sua capacità di coniugare una componente celebrativa (attraverso le vicende dei compagni del PUOM il regista rende onore al coraggio degli uomini e delle donne che hanno combattuto per gli ideali di libertà e di giustizia) con un linguaggio anti-retorico e critico. La narrazione, infatti, si concentra spesso sulla fragilità della coalizione democratica, tra le cui maglie emerge una pluralità di posizioni destinata, in ultima analisi, a sfaldare il fronte della resistenza e a permettere il trionfo di Franco. Anarchici, comunisti, socialisti, stalinisti, trotskisti e rivoluzionari sembrano dimenticare i valori che li uniscono e si invischiano in una lotta fratricida su cui sembra risuonare l’eco delle manovre politiche internazionali e di cui i fascisti approfittano sfruttando l’antica ed efficace regola del divide et impera. Il finale stesso è emblematico in tal senso: l’inutile morte di Blanca, colpita dai fucili delle armate governative, è il simbolo di un sogno che si sbriciola per mano propria, a causa dell’incapacità di trovare ragioni di coesione al di là del comune denominatore dell’opposizione al franchismo.

Sempre sulla stessa lunghezza d’onda troviamo un altro tema, quello della disillusione, che percorre tutta l’opera: i compagni del PUOM e lo stesso David si esprimono con termini infarciti di ideologia, seguono ragionamenti teorici da comizio politico (è meglio collettivizzare e poi vincere la guerra, o viceversa?), si aprono al dibattito, alla discussione, al voto, per poi scontrarsi con la dura realtà delle armi inceppate, della mancanza di munizioni, della fame e dello scoraggiamento. Sembra quasi che il registra si chieda se la libertà (che è pensiero, diversità d’opinione, confronto) sia un lusso che non ci si può permettere nel corso di una guerra, proprio nella misura in cui la guerra è per sua stessa natura irrazionale e, quindi, soggetta esclusivamente alla spietata logica dell’azione.

“Terra e libertà”, però, non è soltanto un film politico. La pellicola tratta il tema della guerra civile spagnola da un punto di vista personalissimo, quello di David Carr, la cui esperienza funge da filtro per tutta la narrazione. Lentamente, l’anziano signore trasportato d’urgenza in ospedale si trasforma in un giovane dal passato avventuroso, con tutte le sue paure, le passioni, le delusioni e gli amori; un uomo in grado di ricordarci che dietro ad ogni volto, anche il più comune, si nasconde una storia di cui conosciamo soltanto una minuscola parte.

Proprio da questa operazione di scavo, immergendo le mani in una memoria che rischia continuamente di andare perduta, arriva il messaggio di speranza dell’opera. Al funerale di David Carr, infatti, sarà proprio la nipote a gettare sulla sua tomba la stessa terra su cui lui, molti anni prima, aveva combattuto in nome della libertà. Un invito ad essere curiosi, a prendere in mano la scatola dei ricordi e a riportare alla luce un passato che ha un disperato bisogno di non essere dimenticato. Come gli ideali che lo hanno ispirato.

 

leggi la recensione di Sorgo Rosso

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Marco Pinnavaia è nato a Milano nel 1993 e vive a Cusano Milanino, una piccola città giardino che allevia lo stress della vita cittadina. All'università studia Scienze Internazionali per diventare ambasciatore. Dalla fine del liceo ha incominciato a scrivere articoli sia per testate locali ("Sprint&Sport", "Nuovasesto") che per siti online ("La Città di Cinisello", "Vogue.it"). Grazie a Hemingway, Hesse e Garcia Marquez è rinata in lui la passione per le storie meravigliose e antiche che da bambino ascoltava dagli adulti nelle sere d'estate. Così, forse un po' in ritardo, ha provato a prendere in mano la penna per raccontare i sogni e i colori della sua immaginazione. Ama viaggiare con lo zaino in spalla e tutto ciò che riesce a stupirlo. Sogna una barchetta a remi per andare a pescare e tanto tempo per scrivere.