Tito Schipa Jr. – Orfeo 9

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Orfeo 9 forever

Era il 1974, avevo sedici anni e una ragazza che mi aveva appena regalato Orfeo 9 di Tito Schipa jr., un disco uscito da qualche mese. Ascoltavo Jethro Tull, Gong, Deep Purple, Frank Zappa, Miles Davis e insieme a buona parte dei miei coetanei mi ero preso l’impegno di cambiare il mondo e di “crear dos, tres, muchos Vietnam” intesi come luoghi dove si sarebbe dovuto combattere e vincere il capitalismo americano e mondiale. Roba da poco. Avevo, in pratica, tutto quello che un ragazzo dei formidabili Seventies potesse desiderare.

Orfeo 9, dicevo. Ricordo ancora il padellone (anzi i padelloni, perché trattavasi di un doppio LP) con quella strana copertina: un viso con due occhi verdi sbarrati, ma si vedeva subito che le pupille erano disegnate su palpebre chiuse, come a voler dire che per vedere non necessariamente si devono avere gli occhi aperti, che si può sostituire il “vedere” con il “sentire”, destino, questo, e supplizio di Orfeo, quello di percepire alle sue spalle la presenza dell’amata Euridice senza avere la possibilità di voltarsi e guardarla. L’art director di quella copertina era Edoardo Sivelli, un vero e proprio Maestro della grafica, che per i misteriosi percorsi della vita incontrai sul mio cammino quando, qualche anno dopo, feci da testimonial per una campagna pubblicitaria da lui diretta.
Innanzitutto bisogna dire che Orfeo 9 è in assoluto la prima opera rock realizzata e rappresentata in Italia (debuttò nel 1970 al Teatro Sistina di Roma e tre anni dopo se ne realizzò una versione cinematografica e il disco di cui sto trattando).

Quel “9” che segue il nome del protagonista è un omaggio alla canzone dei Beatles Revolution Number Nine. Autore dei testi, sceneggiatore, regista e ideatore dell’intero progetto è Tito Schipa jr., figlio del grande tenore Tito Schipa (per chi non conosce la fama di questo grande artista, dirò solo che come nella più classica tradizione italiana, che ha bisogno di creare un dualismo per meglio sottolineare la grandezza di un personaggio – si pensi, nello sport, a Coppi e Bartali o a Rivera e Mazzola – Tito Schipa era colui che contendeva la palma di miglior voce tenorile di ogni epoca, nientepopodimeno che a Enrico Caruso).

Il giovane Tito, che è dunque cresciuto a pane e pentagramma, non fa altro che mettere inscena con gli strumenti  e la cultura che gli sono propri – la musica rock in voga al momento – quella materia, l’opera, che ha avuto modo di ascoltare e conoscere in forma classica (successivamente metterà in scena, alla sua maniera, anche il Don Pasquale di Donizetti).
Tito Schipa jr., nel suo libro Orfeo 9, il making – Storia, personaggi, fortune della prima opera rock italiana (Editrice Zona, 2005) così racconta la nascita della sua passione, immaginandola come un vero e proprio rapimento: “Signor Giudice, Signor Giudice! Vorrei denunciare un caso di sequestro di persona. […] Il sequestrato sono io.

Chi è il sequestratore? E’ una Signora, Vostro Onore. Sì, va bene, dovrei essere lusingato ma la sostanza non cambia. E poi ci sono diverse aggravanti, la peggiore di tutte il tempo dell’azionaccia: ai primi tentativi avevo cinque anni. […] Che facevano i miei genitori? Niente. I miei genitori erano d’accordo. […] E’ proprio una di quelle storie di mamma leggera, di papà drogato, ecc. […] Dunque, chi poteva immaginare che quella signorina così carina che arrivava in Vespa nella nostra casa […] fosse la basista del rapimento? […] Mi incatenava al pianoforte e faceva il gioco di quell’altra, della Signora, sì della rapitrice in capo. Sì, di questa il nome me lo ricordo, signore, me lo ricordo bene, non è un nome che si dimentica facilmente, si chiama Musica, signore.”

Ma oltre a Tito Schipa jr. alla realizzazione del disco partecipano nomi di primissimo piano del panorama musicale dell’epoca: agli arrangiamenti c’è Bill Conti, compositore americano che sarà l’autore di colonne sonore importanti per film come Rocky (che gli varrà una nomination agli Oscar), Fuga per la vittoria, I vicini di casa, Dentro la notizia, Sorvegliato speciale e tanti altri. La parte ritmica è tutta sulle possenti spalle di un ancora sconosciuto Tullio De Piscopo, tra i cantanti-attori ci sono Renato Zero e Loredana Berté (entrambi alle prime armi), il già noto Santino Rocchetti, dalla voce nera e grintosa, il blues singer statunitense Ronnie Jones che in chiusura si esibisce in una struggente ballata.

Ho ascoltato Orfeo 9 centinaia e centinaia di volte, fino a conoscere alla perfezione ogni singola nota e ogni singola parola (con il mio amico di gioventù Bruno, completamente ignari della complessità del progetto, avevamo pensato anche di metterne in scena una versione tutta nostra) e siccome il primo stereo della mia vita fece capolino in casa mia non prima del dicembre del 1976, per quasi tre anni Orfeo 9, come tutti gli altri miei dischi, girò sul piatto di un Fonovaligia Lesa, mono cassa e molto poco fedele, il che non impedì il diffondersi di una malattia che ancor oggi perdura.

Non ho più sedici anni e della ragazza che mi regalò il disco (oggetto che ancora gelosamente conservo, anche se per gli ascolti odierni ho comperato la versione in CD) ho perso le tracce da oltre sei lustri, in compenso ascolto ancora Jethro Tull, Gong, Deep Purple, Frank Zappa e Miles Davis, e sinceramente non mi è mai passata la voglia di  cambiare il mondo e di “crear dos, tres, muchos Vietnam” come suggeriva l’eroico Comandante.

“Qui la battaglia è vinta,
la rivoluzione è finita.
Chi ha lottato, e non per finta,
hagià vinto la sua vita.”
(da Il risveglio di Orfeo)

Qui la recensione del libro di Tito Schipa jr. che parla della genesi del disco

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Giuseppe Ciarallo, molisano di origine, è nato nel 1958 a Milano. Ha pubblicato tre raccolte di short-stories, "Racconti per sax tenore" (Tranchida, 1994), "Amori a serramanico" (Tranchida, 1999), "Le spade non bastano mai" (PaginaUno, 2016) e un poemetto di satira politica dal titolo "DanteSka Apocrifunk – HIP HOPera in sette canti" (PaginaUno, 2011); ha inoltre partecipato con suoi racconti ai libri collettivi "Sorci verdi – Storie di ordinario leghismo" (Alegre, 2011), "Lavoro Vivo" (Alegre, 2012), "Festa d’aprile" (Tempesta Editore, 2015); suoi componimenti sono inclusi in varie raccolte antologiche di poesia: "Carovana dei versi – poesia in azione" 2009, 2011 e 2013 (Ed. abrigliasciolta), "Aloud – Il fenomeno performativo della parola in azione" (Ed. abrigliasciolta, 2016), "Parole sante – versi per una metamorfosi" (Ed. Kurumuny, 2016), "Parole sante – ùmide ampate t’aria" (Ed. Kurumuny, 2017). Scrive di letteratura e non solo su PaginaUno e Inkroci, collabora con A-Rivista anarchica e Buduàr, rivista on line di umorismo e satira. Fa parte del collettivo di redazione di "Letteraria/Nuova Rivista Letteraria" e "Zona Letteraria – Studi e prove di letteratura sociale" fin dalla fondazione.

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