Ibrahim Souss – Lettera a un amico ebreo

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“Nessuna vittoria ripaga, poiché ogni mutilazione dell’uomo è irreversibile”, scriveva Albert Camus nelle sue Lettere a un amico tedesco. Questa è la scintilla,  il pretesto narrativo attorno al quale ci inchioda l’autore. È con questo scritto a un amico che Ibrahim Souss, uno dei riconosciuti maestri della letteratura arabo-palestinese, mette a fuoco le ragioni del dissidio fra due popoli. Lo fa sfuggendo la disciplina del saggista, e disdegnando l’iperbole del narratore. Lo fa usando parole dure che, saggiamente, non lasciano mai spazio all’odio; lo fa con una scrittura colma di compassione, con quella fraterna comprensione che scaturisce dal soffrire assieme: abbracciando le ragioni dell’altro. Tolleranza espressa con una lucidità che scaturisce dall’irremovibile desiderio di armonia.

La lettera si fa strumento indispensabile quando la distanza da colmare sfugge allo sguardo, quando la vergogna per un’amicizia violata si fa insopportabile. Una controversia complicata e dalle molte sfaccettature, dove si è spesso accantonata l’umanità in nome dell’appartenenza a un gruppo politico o religioso e dove un popolo da vittima si trasforma in carnefice, proprio sulla terra a cui  è tornato dopo l’Olocausto. È scioccante constatare come l’uomo possa usare le parole per infliggere ferite ben più profonde di quando usa le armi: così un termine come “rappresaglia” giustifica qualsiasi attacco militare, mentre  bambini armati di sassi possono essere denominati “terroristi”. E spiazza rileggere la storia di Davide e Golia, così antica e tristemente attuale, a ruoli invertiti, con gli Ebrei ora nei panni del gigante oppressore.
Quella di Souss è una lezione di pace tenuta dalle vittime nei confronti dei carnefici, un insegnamento che parte dalla dignità e dalla coscienza, le sole cose che Israele non ha potuto confiscare ai palestinesi. La speranza prende forma attraverso parole come “avvenire” e “insieme”, allontanando la sofferenza, perché una madre che piange un figlio lo fa con lacrime amare a ogni latitudine.
Un piccolo, fondamentale libro sulla tolleranza. Un inno al rispetto dei diritti umani e al dia-logo, una condanna della violenza in tutte le sue forme. Encomiabile e straordinario.

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Giorgio Olivari nasce a Brescia nel secolo scorso. È professionista nel campo del disegno industriale da più di trent’anni. Dopo i primi quarant’anni da lettore scopre la scrittura per caso: uno scherzo della vita. La compagna di sempre lo iscrive a un corso di scrittura creativa: forse per gioco, più probabilmente per liberarsi di lui. Una scintilla che, una volta scoccata, non si spegne ma diventa racconto, storie, pensieri; alcuni dei quali pubblicati dai tipi di BESA in "Pretesti Sensibili" (2008). La prima raccolta di racconti brevi, "Futili Emotivi", è pubblicata da Carta & Penna Editore nel 2010. La sua passione per la letteratura lo ha portato a “contagiare” altri lettori coordinando gruppi di lettura: Arcobaleno a Paderno Franciacorta, Chiare Lettere a Nave.

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