Heiko H. Caimi – I predestinati

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Non so se questo romanzo sia un passo in avanti rispetto ai canoni della narrativa contemporanea o, più semplicemente, sappia interpretare adeguatamente la realtà dei nostri tempi, sia dal punto di vista della tecnica narrativa sia per quel che concerne il contenuto, dandole anche una prospettiva che va oltre i fatti contingenti. Siamo di fronte a una scrittura lucida, ritmata, analitica che seziona e ricostruisce i fatti senza mai perdere il bandolo della matassa. L’autore si muove agevolmente tra il centro e la periferia e viceversa, ora dilatando la narrazione su più personaggi che sembrano marginali, ora invece concentrandola su pochi altri che appaiono assurgere alla dignità di protagonisti.
È dunque, a mio avviso, un romanzo narrato in presa diretta, come se al posto della penna o della tastiera l’autore avesse in mano la macchina da presa, che muove agevolmente in più direzioni.
In questo romanzo, ricco si accadimenti, manca la figura del personaggio mitico cui la narrativa tradizionale ci ha abituati. Vi sono tanti comprimari, ognuno con i propri codici, i propri convincimenti e i propri obiettivi da seguire, ma nessuno in realtà sovrasta veramente l’altro.

La storia è dei nostri giorni, dove protagonista assoluto sembra essere il mondo della fabbrica, sempre più in crisi e sempre più privo di regole sia morali, sia commerciali. Un mondo nel quale sono saltati i valori mitici del mondo operaio, dove il capitalismo ha corroso dal di dentro le coscienze di alcuni operai e dei sindacalisti, sempre pronti nel loro interesse personale a tradire i compagni e a svendere e svilire le lotte. In questo ingranaggio perverso qual è il mondo del profitto, i cambiamenti che avvengono tendono sempre più a marginalizzare ed emarginare l’uomo come soggetto produttivo e creativo, fino a ridurlo a una semplice merce di scambio, un oggetto di profitto.

Il tema trattato, la perdita del posto di lavoro, principalmente per effetto di una delocalizzazione forsennata che porta troppi individui biechi a giocare e a scommettere sulla fame degli altri, sebbene ricorrente nella letteratura contemporanea, è affrontato con originalità e grande competenza. Per questo l’autore seziona e ricompone sovente i fatti, quasi con logica e maestria da chirurgo.

In questo romanzo, il dramma umano di chi perde la sicurezza del lavoro e la tragedia sociale di un Paese che è come smarrito, confuso, prigioniero della finanza e di gruppi di potere che condizionano ogni cosa, dove persino i politici non contano più nulla perché sono delle marionette in mano a invisibili e onnipotenti burattinai, s’intrecciano e si compenetrano, fino a formare un tutt’uno.

Caimi indaga a tutto tondo, senza trascurare alcun dettaglio. Anzi, a volte sono proprio quei dettagli che possono apparire irrilevanti a dare concretezza e forza alla narrazione.

L’autore ci presenta una carrellata di personaggi che vanno dal cinico all’idealista, dall’indifferente al rivoluzionario, dal comune operaio all’imprenditore rampante e senza scrupoli, dal sindacalista con la macchina di lusso al politico che farebbe di tutto per essere rieletto. Tutti però sono accomunati da un unico destino, che è quello di essere pedine su una scacchiera dove ogni cosa è disposta e condizionata dal grande capitale e dalle rendite finanziarie, che agiscono indisturbati e in maniera devastante.

Scrive l’autore a proposito della logica del profitto che impera alla Darth Vader: “L’unica possibilità rimasta agli operai, per quanto disperata, era quella di reagire, di difendersi contrastando la logica perversa che faceva della quotazione in borsa l’unica ragione di esistenza dell’azienda”.

Siamo di fronte a un romanzo a più voci, dove le ragioni e le scelte di ognuno, per quanto possano apparire umanamente comprensibili, creano terribili cacofonie fatte di urli, schiamazzi e gesti tesi a confondere sempre di più la realtà, anziché fornirne la chiave di lettura. Siamo in un’epoca nella quale si è abbattuta qualsiasi linea di demarcazione fra lecito e illecito, calcolo e idealità, valori e disvalori. In questa logica non colpisce più di tanto l’operaio che, cresciuto a scioperi, feste dell’Unità, turni di lavoro massacranti e rivendicazioni salariali, invita la figlia, che dovrà fare un provino per la televisione, ad apparire anziché essere e, quindi, a vestirsi in maniera appariscente e osé.

Questo romanzo ci presenta un universo che è sempre più come un labirinto dal quale non si sa come uscire. È come se qualcuno, di proposito, avesse rubato la chiave e cancellato i percorsi. Tutto questo è semplicemente ciò che ci appare, perché, in fondo, la chiave l’autore ce la fornisce eccome, e sta nella capacità di ciascuno di noi di saper essere se stesso saldamente ancorato ai propri principi e ai propri valori.

Riferendosi all’inganno della classe dirigente nei confronti degli operai, Caimi scrive: «Ma loro devono avere l’illusione di aver colpito il potere […]. E noi gliela daremo. Per questo è necessaria una reazione cruenta. Per questo li istigheremo a compierla. A compiere un atto rivoluzionario. E quest’atto rivoluzionario sarà l’uccisione di Paruscia. Si vis pacem, para bellum…».

Tutti cinici i personaggi di questo romanzo? Non tutti, per fortuna. In fondo nel mondo c’è sempre chi ama scommettere che anche nei momenti più bui c’è comunque una via d’uscita, basta volerla cercare e credere nei valori alti.

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Cataldo Russo, dirigente scolastico in pensione, è nato a Crucoli (KR). Nel 1972 si è trasferito a Milano, dove si è laureato in lingue e letterature straniere. Dal 1973 al 1975 ha soggiornato in Inghilterra. Scrittore, poeta e drammaturgo, è anche studioso di culture orientali. La prima pubblicazione, la silloge "Il coperchio, i cocci e la luna", è del 1985. Nel 1990 ha pubblicato "Amori, disamori e blablaismi", otto racconti tra il serio e il faceto. Nel 1992 è la volta de "Gli altri sequestrati", dramma teatrale ispirato al sequestro Casella. Nel 1997 è uscito presso l’editore Tranchida il romanzo "I recinti di don Pietraviva". Per lo stesso editore ha curato l’edizione italiana de "Il sogno della camera rossa" di Cao Xuequin (1997), "Buddha insegna" (1997), tratto dal "Dhammapada", e "I Dialoghi di Krishna sull’Anima" (1998), tratto dal "Bhagavadgita". Nel 2002 ha pubblicato, sempre con l’editore Tranchida, il romanzo "Il cielo sopra di me". Presso l’editore Guida nel 2010 è uscito il romanzo satirico-grottesco "Cortigiani, giullari e mammasantissima", e nel 2013 il romanzo "All’Inferno con ritorno", che sarà tradotto in spagnolo da Laura Mallorquin e pubblicato nel 2014 in Argentina con il titolo "El doble infierno de Curzio". Nel 2015 è uscito per Paginauno "Il rumore del Silenzio", raccolta di testi teatrali (tre drammi, quattro commedie e un dialogo). Nel 2018 l’editore Ferrari ha pubblicato il romanzo "La cattedra sfuggente". Racconti e testi poetici vengono pubblicati regolarmente su antologie e riviste. Altri lavori teatrali rappresentati sono: "Il sogno di volare", "La guerra ritrovata", "Solitudine e badanti", "l'Unità incompiuta", "Simu briganti", "Il foglio di carta bollata sulla testa", "Monia", "Rappresaglia e rancore", "Scollegamenti", "Vivere di sana e robusta Costituzione", "Professione stagista", "Cristo fra i briganti", "Cicco Simonetta: un calabrese a Milano".

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