Heiko H. Caimi – Poesie nel vento

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La piazza. I portici. La torre dell’orologio, che dal palazzo del municipio svetta alle spalle della piazza, ricordando ai cittadini la labilità del tempo. E, voltandosi, la torre del campanile, che ogni sessanta minuti scandisce le ore ricordando ai fedeli la propria presenza.

Ai lati della piazza le insegne dei bar e i tavolini all’aperto, deserti: spazzati via dal vento che solleva la polvere, la sporcizia. Una città sporca. Lo si nota soprattutto quando mulinella il maestrale. Altrimenti non ci si fa caso.
Come io non farei caso, se i miei concittadini e i turisti non li avesse portati via quest’aria fetida, all’uomo che se ne sta raggomitolato in un cantone, a gambe incrociate, tenendo fermi dinnanzi a sé, con dei sassi, alcuni libri.
La curiosità interrompe il mio rientro dal lavoro. Mi avvicino. L’uomo è sulla cinquantina, emaciato, lo sguardo fiero che scruta il mio approssimarmi. I libri davanti a lui sono tutti uguali, e la loro sottigliezza viene continuamente alzata dalle insistenti folate. Recano in copertina un’illustrazione maldestra, un nome, un cognome e il titolo: “Poesie”. L’uomo trema nel suo logoro paletò mentre mi fissa con un’espressione di speranza.

Non posso fare a meno di chiederglielo: «Te li sei portati da casa, questi sassi?».
«No, li ho raccolti quest’oggi lungo il fiume. Con questo vento, sapevo che mi sarebbero serviti», mi risponde.
«Sono tue queste poesie?», gli domando stupidamente, indicando i libri.
«Sì», dice conciso.
«Stampate in proprio?», ironizzo.
Lui mi fissa serio serio. «No», afferma. «Stampate da un editore che non ci ha creduto abbastanza da distribuirle. Ma, se le vuoi, la raccolta costa soltanto un euro».
«Ne vendi molte?».
«Nessuna, quest’oggi».
«Eh, già, non è giornata», osservo con rara ovvietà.
«Non è mai giornata», sorride l’uomo, con l’aria di chi è in procinto di pronunciare una battuta. «ma è normale, per chi oramai vive alla giornata». Poi esplode in un colpo di tosse.
«Disoccupato?», gli domando.
«Esodato», risponde pronto.
«Un euro, hai detto?».
«Sì. Soltanto un euro. Non vedi come sono sottili questi libretti?».
Mi cerco nelle tasche, ma rammento di aver speso l’ultima moneta alla macchinetta dell’ufficio. «Mi dispiace», dico afferrando il portafogli. «Hai il resto?».
«Ti pare che abbia il resto?» mi fa, ironico.
Il taglio più piccolo che ho è da dieci euro. Guardo l’uomo, tremante e orgoglioso. Gli allungo la banconota rossa stinta. «Non importa. Il resto mancia», aggiungo.
Lui mi lancia un’occhiata torva, poi si mette ad ammonticchiar volumi spostando i sassi. Quando sono abbastanza, me li porge. «Hai diritto a dieci copie».
«Che me ne faccio di dieci copie?» gli dico senza prendere i libri.
«Regalale. Se ti piacciono le cose che ho scritto, sarà un bel regalo. E qualcun altro conoscerà le mie poesie».
«No, non importa», affermo ritraendomi. «Una basta e avanza. E almeno avrai fatto giornata».
Si mette a ridere. «Ma che bella giornata!», ironizza nuovamente. Poi, serio, aggiunge: «Non posso accettare. O dieci o nessuno».
«E vada per dieci», accetto inchinandomi alla sua fierezza.
Prendo i libri, me li infilo in tasca, gli sorrido. Vorrei augurargli buona giornata, ma mi sembrerebbe di prenderlo in giro. «Arrivederci», lo saluto, e riprendo la camminata verso casa.
«Arrivederci», mi risponde alle spalle.
Chissà se saranno almeno decenti le cose che ha scritto?, mi chiedo. Spero che valgano più di quello che ho speso. Come si chiama, poi, il poeta? Già: non gliel’ho chiesto.
Metto una mano in tasca ed estraggo il plico di volumetti. Sto per leggere il nome dell’autore quando un passante inaspettato mi urta e me li fa cadere senza nemmeno chiedere scusa. Mi chino per raccoglierli, ma mi accorgo che sono caduti in una pozzanghera.
Mi volto per lanciare qualche improperio alla volta di quel cafone, poi ci ripenso: non ho voglia di litigare, ma solo di tornare a casa, al caldo.
Lascio i volumi nella pozzanghera: ormai sono perduti. E poi li ho comperati solo perché ho avuto compassione di quel pover’uomo. Del resto, chi legge ancora poesia oggi?

FINE

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Heiko H. Caimi, classe 1968, è scrittore, sceneggiatore, poeta e docente di scrittura narrativa. Ha collaborato come autore con gli editori Mondadori, Tranchida, Abrigliasciolta e altri. Ha insegnato presso la libreria Egea dell’Università Bocconi di Milano e diverse altre scuole, biblioteche e associazioni in Italia e in Svizzera. Dal 2013 è direttore editoriale della rivista di letterature Inkroci. È tra i fondatori e gli organizzatori della rassegna letteraria itinerante Libri in Movimento. ha collaborato con il notiziario "InPrimis" tenendo la rubrica "Pagine in un minuto" e con il blog della scrittrice Barbara Garlaschelli "Sdiario". Ha pubblicato il romanzo "I predestinati" (Prospero, 2019) e ha curato le antologie di racconti "Oltre il confine. Storie di migrazione" (Prospero, 2019), "Anch'io. Storie di donne al limite" (Prospero, 2021) e "Ci sedemmo dalla parte del torto" (Prospero, 2022, insieme a Viviana E. Gabrini). Svariati suoi racconti sono presenti in antologie, riviste e nel web.

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