Aver perso la voglia di scrivere, riciclare le cose passate, adattarsi a scrittura da social, ché ne farei pure a meno, gettarsi tra sciocche polemiche di calcio e politica. Meglio il mare, mi dico, anche se piove, anche se è fresco e non si sta mica bene riparati da assi malmesse d’un vecchio bagno a leggere Murakami e Pasolini. Meglio una passeggiata tra oleandri e tamerici con l’Elba lontana che osserva i soliti passi. Meglio tutto, anche piangersi addosso.
E allora scendo le scale che separano la mia casa dal mare, una borsa a tracolla, il tempo di andare col libro in mano, umido e freddo scirocco che tormenta la schiena. Il giornale ormai non lo compro, ci son sempre le solite cose, la stampa locale non serve, riciclano quel che la sera hai letto su Facebook, la stampa nazionale neppure, ché dentro ci son tutti quei personaggi che ti stanno sul cazzo, non puoi comprare un quotidiano dove scrive Silvia Avallone, un po’ come accendere la televisione e sentir Bruno Vespa parlare.
Andare al mare, solo col mio Murakami, finire la storia d’un essere anonimo, grigio, incolore, che conduce una vita normale, alle prese col problema d’esser stato mollato da tutti un po’ di anni fa senza comprenderne il motivo. Il suo mondo si ferma, lui va in pellegrinaggio, cerca gli amici perduti, i motivi, sulle note d’un piano che in sottofondo intona Le mal du pays, la nostalgia del paese.
Che bello! Se solo gli scrittori italiani avessero tanta dolcezza, tutti i nostri scrittori che non mi fanno più comprare giornali. Mi accade lo stesso col cinema, quando esce l’ultimo film di Muccino, per tacere di Veronesi, Pieraccioni, Verdone, Aldo, Giovanni e Giacomo, altri comici che da tempo non sono più comici ma qualcuno non li ha ancora avvisati. Basta, ho già dato, mi dico, come se ancora dovessi leggere l’ultimo libro di Baricco, le poesie di Aldo Nove, i racconti di Tiziano Scarpa, nessuno mi paga, signori, nessuno.
Andare al mare, sentire il sapore del vento, la pelle che freme di pioggia e pensieri, finire con sabbia tra dita di piedi e pioggia all’inglese che cade tra pagine ingiallite e stanche. Andare al mare, senza pensare più a niente, senza cercare di farsi venire la voglia di scrivere che il risultato sarebbe soltanto un brutto racconto. Un po’ come questo.