Il pianeta verde

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Proviamo a metterci nei panni dei potenziali abitanti di un altro pianeta, più avanzato del nostro e nel quale mangiare e bere sono davvero un diritto di tutti e non ci vuole il denaro per poterne usufruire; dove gli abitanti comunicano tra di loro e condividono tutto, attraverso scambi di beni necessari alla sopravvivenza e, soprattutto, attraverso l’amore, la compassione e la volontà di aiutare gli altri.
Proviamo a metterci nei panni di questi “alieni”, che decidono di visitare la terra per sondare la nostra evoluzione (dove qui per evoluzione si intende l’evoluzione di coscienza): cosa penserebbero?
Questo bellissimo film del 1996 di Coline Serreau, Il Pianeta Verde (La Belle Verte), parte da questo presupposto e offre interessanti spunti di riflessione su come gli esseri umani hanno dimenticato di VIVERE e ormai solo sopravvivono, avendo chiuso il cuore e la mente e avendo quindi in un certo senso bloccato la loro evoluzione di coscienza.

La trama è la seguente: su un pianeta non identificato – lo scrittore Salvatore Brizzi ritiene si tratti di Venere –  gli abitanti si riuniscono per l’assemblea planetaria annuale, nella quale si discute di ciò che serve a tutti (dal cibo alla lana, dalle medicine ai professori per le scuole, etc) e di chi andrà sugli altri pianeti per verificarne l’evoluzione. Nessuno però vuole andare sulla Terra: i terrestri sono troppo indietro e non sono aperti a imparare e condividere. Mila (Coline Serreau), che è per metà terrestre,  si offre volontaria per poter visitare il pianeta della madre. Poiché nessuno è andato sulla Terra negli ultimi duecento anni, nessuno sa se e quanto i terrestri si siano evoluti da allora e Mila finisce a Parigi con un abito napoleonico e un “programma di sconnessione” che le permetterà di “scuotere” gli umani, rendendoli sinceri, facendoli riavvicinare alla madre terra e accelerando la loro evoluzione (il che le permetterà di comunicare con loro in modo costruttivo). Dopo un inizio difficoltoso, nel quale si imbatte in una “esposizione di cadaveri” (macelleria) e scopre di non poter né mangiare né bere il cibo e l’acqua terrestri, Mila finisce in un ospedale dove può nutrirsi attraverso il programma di “ricarica neonati”, che le permette di caricarsi di energia tendendo un neonato tra le braccia (e permettendo anche al piccolo di venire a sua volta ricaricato e guarito). All’ospedale incontra Max (Vincent Lindon), il primario, che si presenta come un uomo arrogante e freddo ma che, dopo essere stato sconnesso, apre il cuore e riconsidera i suoi valori. Max ospita Mila a casa sua, dove dapprima la moglie e i figli sono sospettosi, ma presto imparano ad apprezzare Mila e ciò che lei può insegnare loro.

Altre persone vengono travolte dal vortice Mila, che aiuta due sorelle (la bellissima Marion Cotillard e Clare Keim) a nascondere un neonato abbandonato di cui vogliono prendersi cura e, con la sconnessione, aiuta molte persone a tornare in  contatto con la propria essenza e con la terra (un uomo butta via le scarpe e cammina a piedi nudi per strada, qualcuno abbraccia gli alberi, altri si lasciano andare alla musica in modo “poco ortodosso”). Molte altre cose accadono e Mila cambia la vita di tutti i terrestri con cui viene in contatto.

Perché è così difficile apprezzare ciò che abbiamo? La natura, la vita, le persone che amiamo e che ci amano, niente è mai abbastanza e, accecati dalla nostra ricerca ossessiva di soddisfazioni effimere, lasciamo che la vita ci passi davanti senza davvero viverla e apprezzare ciò che abbiamo.
Chiudiamo gli occhi e il cuore perché abbiamo paura e indossiamo maschere per piacere agli altri, perché noi per primi non ci amiamo e non sappiamo amare, come la moglie di Max che, spiega, usa il rossetto per essere carina e piacere a tutti, e viene colpita e affondata quando Mila commenta: “Ah, è una medicina per essere amata da tutti. Se non se lo mette nessuno la ama”.
Spesso rifuggiamo da chi, come uno specchio – e tutti sono il nostro specchio – riflette le nostre paure e quello che non accettiamo di noi stessi, come tutti coloro che incontrano mia e, prima di essere sconnessi, sono diffidenti e scortesi.

Il film è molto profondo ma anche molto divertente, e dietro ogni sorriso c’è uno spunto di riflessione, come l’episodio su Gesù a Notre Dame de Paris:
“Quello (commenta Mila guardando la statua di Gesù) è uno di noi! Ma certo è il bambino che abbiamo mandato qui 2000 anni fa e che loro hanno crocifisso!”
“Dimmi una cosa, tu lo conosci lui?” chiede Mila a un bambino che le vende il suo panino in cambio di tre pezzetti d’oro.
“Ma certo, è Gesù!”
“Ah lo conosci! E sai perché lo hanno messo lì?”
“Quando lui è nato, è Natale. Io ho avuto una pistola e una grossa macchina a Natale.”
“Beh però, un uomo crocifisso uguale a una pistola e una macchina, è pazzesco.”

Il “pianeta verde” potrebbe essere il futuro del nostro bellissimo pianeta, che ora tanto bistrattiamo, quando ci saremo disintossicati sia nel corpo che nella mente e nell’anima, quando saremo pronti  – dal profondo del cuore – a collaborare per il bene comune invece di farci la guerra per fini personali, quando ci saremo sbarazzati degli ingombranti bagagli psicologici ed emozionali che ci portiamo dietro da sempre e, tutto ciò che resterà, sarà la nostra ESSENZA e quello che ci rende, nel senso più vero della parola, esseri UMANI.

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