Perché un viaggio intorno alla circonferenza del mondo

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I contributi che Inkroci ha scelto di pubblicare nella rubrica “Letterature dal mondo” a partire da questo numero sono da intendere come un omaggio alla letteratura di esplorazione e, in particolare, ad alcune famose narrazioni di antichi esploratori che, con il loro racconto, hanno contribuito ad allargare la visione del mondo che allora si possedeva, influenzando persino le scoperte e i viaggi successivi.

Al tempo della stesura di alcuni di quei libri una parte dei continenti non era ancora propriamente conosciuta, mentre gli altri erano stati visitati solo in parte, e la loro conoscenza non era ancora diventata patrimonio comune. Questo, ovviamente, parlando da un punto di vista eurocentrico, cioè considerando la prospettiva da cui dal vecchio continente si osservava il mondo.

Per questa ragione, oltre a parlare di esploratori partiti dall’Europa, abbiamo scelto anche scrittori che da altri mondi (come nel caso di Ibn Battuta, nato in Marocco, o di Leone l’Africano) esplorarono il pianeta partendo dal Nord Africa, e attraversarono l’Europa e l’Asia andando quindi verso Est e verso Sud; accanto a loro ricorderemo volutamente anche Ma Huan, un narratore cinese che venne inviato dall’Imperatore ad accompagnare una spedizione navale di conoscenza diretta dell’Oceano Occidentale.

Ci pare importante evidenziare la fatica e la lunghezza di viaggi che, nei tempi antichi, si realizzavano nel volgere anni, se non di vite intere, sulla strada, percorrendo, attraversando, camminando passo dopo passo lungo quella che era la circonferenza del mondo. A volte a prezzo della propria stessa vita.

Ci si apriva un varco, sia di conoscenza che di attraversamento culturale, un passo dopo l’altro, a differenza di ciò che accade al giorno d’oggi, in cui la velocità degli spostamenti non favorisce un transito e un progresso graduali all’interno di un universo sconosciuto.

Il viaggio comportava un avanzare a fatica, il cogliere una molteplicità di sguardi, lo stupirsi e l’essere partecipi di una cultura nomadica che oramai la nostra cultura ha messo al bando ed ostracizzato.

Eppure l’universo antico era molto più variegato e complesso di quanto tendiamo a pensare: era estremamente faticoso e pericoloso spostarsi, ma le commistioni, le mescolanze e le ibridazioni erano più frequenti e diffuse, e la vita si compiva e si conquistava sulla strada.

Pensiamo solo al fatto che Marco Polo era un mercante che divenne anche ambasciatore. Non parlava molto bene l’italiano, mentre probabilmente conosceva il persiano e il cinese. Le sue memorie furono scritte da un compilatore che redasse “Il Milione” in antico francese, non in italiano.

E Leone l’Africano non era un africano, ma un arabo nato a Granada, nel sud della Spagna, al tempo della Reconquista Cristiana della penisola iberica.

Questi viaggi, e ancor più la vita stessa degli esploratori, sono una testimonianza di quanto l’identità possa essere un dato variabile e una cultura possa essere una costruzione permeabile, impregnandosi di un altrove conquistato a fatica. E arricchendosi dell’altro da sé con la calma dell’osservatore, non sfiorandolo con la fretta di un giudice distratto.