Quando Wolfgang Iser[1] dice che “la lettura è un’arena ove lo scrittore e il lettore insieme mettono in scena un dramma di fantasia”, coglie un aspetto fondamentale dell’esperienza letteraria: leggere non è un atto passivo, ma un incontro, uno scambio, quasi una performance. La lettura avviene in uno spazio condiviso tra chi scrive e chi legge, un luogo immateriale ma potentissimo nel quale si costruisce un mondo e si dà vita a una storia.
Dal punto di vista dello scrittore, la pagina è come un palcoscenico vuoto. Può disporre le luci, decidere i movimenti dei personaggi, costruire scenari e dialoghi, eccetera, ma tutto resta inerte finché non entra in scena il lettore. L’autore, per quanto possa essere meticoloso nel descrivere un’emozione, un paesaggio o un’azione, non potrà mai prevedere esattamente come verrà recepito ciò che ha scritto. Il dramma di fantasia si compone nel momento in cui il lettore porta con sé il proprio vissuto, la propria sensibilità e la propria immaginazione per riempire i vuoti lasciati dalla scrittura.
E qui arriva la parte del lettore. Ogni lettura è un’interpretazione: è a sua volta un atto creativo. Leggere un romanzo, una poesia o un racconto significa partecipare attivamente al gioco letterario, farsi co-autori dell’opera. È come entrare in un teatro in cui il copione esiste già, ma la messa in scena cambia ogni volta, a seconda dello spettatore. Un lettore può cogliere sfumature che un altro ignora, può soffermarsi su un passaggio apparentemente secondario e farlo risuonare dentro di sé con una potenza che l’autore forse non aveva neanche previsto. In questo senso, ogni lettura è unica, irripetibile, una sorta di dramma personale che si svolge nella mente di chi legge.
Pensiamo a quando rileggiamo un libro a distanza di anni: spesso ci accorgiamo che sembra quasi un libro diverso. Ma il testo non è cambiato, siamo cambiati noi. Il nostro modo di leggere si trasforma con il tempo, perché la lettura è un processo dinamico, un dialogo in continua evoluzione tra chi scrive e chi legge e tra chi legge e se stessi.
L’arena di cui parla Iser non è un semplice luogo di osservazione, ma un campo di battaglia per l’immaginazione. Il lettore e lo scrittore si incontrano lì dentro, si confrontano, a volte si fraintendono, altre si comprendono perfettamente.
La scrittura è un atto solitario, la lettura lo completa in un incontro virtuale che rende vivo il testo. Ed è in questo spazio condiviso che avviene la magia: il dramma della fantasia prende vita e si rinnova ogni volta che qualcuno sfoglia una pagina e lascia che le parole si trasformino in immagini, suoni, emozioni.
Così, ogni libro diventa un palcoscenico senza tempo, pronto a riaccendersi ogni volta che un nuovo lettore vi posa lo sguardo. Perché la letteratura non esiste senza occhi che la leggano e menti che la sognino.
Un libro chiuso è solo carta e inchiostro; è lo sguardo del lettore a sollevare il sipario dell’immaginazione.
La Redazione