Repetita iuvant?
Il ventre della macchina è la storia di un incontro fatale. Uno di quegli incontri che cambiano la vita alle persone, anche a quelle più restie ad abbandonarsi ai sentimenti. Ma è pure una moderna parabola sulla reificazione dei sentimenti, sull’impossibilità, al giorno d’oggi, di vivere senza proiettare su oggetti inanimati sogni, desideri, ambizioni e – perché no? – speranze. È la favola di una vita vera, di una passione prima intensa, poi sfumata, infine terminata con fatica: «I dolori si dileguano, i pentimenti si confondono, i contorni del ricordo si dissolvono…».
La metafora congegnata da Veronesi è simpatica, e il racconto è condotto tra amarezza e divertimento fino alla fatale conclusione. L’uso di oggetti e atteggiamenti quotidiani facilmente riconoscibili è un espediente per coinvolgere immediatamente il lettore, e in effetti leggiamo la breve opera tutta d’un fiato. Alla fine, però, poco ci viene detto che già non sapessimo. Repetita iuvant, ma a che serve condire di letterarietà il trito e il ritrito?
Un libro che potremmo definire carino, ma che nulla di significativo lascia nelle nostre menti e nei nostri cuori.