La famiglia dei vizi capitali
Una dose promettente di humour britannico, frizzante e caustico al punto giusto, segna l’avvio della vicenda: uno scrittore depresso e inconcludente si trova a realizzare la biografia di una famiglia di malvagi ben introdotti nelle varie “cricche” che prosperano nell’era thatcheriana. Il romanzo, tuttavia, si disperde presto in un pastiche improbabile di stili e generi, i cui piani temporali sono tanto ballerini da far venire il mal di mare, per ricomporsi poi in un pamphet assai poco credibile. Tesi di fondo: gli orribili Winshaw sono la causa di tutti i mali, dalle guerre nel mondo al collasso del sistema sanitario; il “Grande Vecchio” in salsa inglese, insomma. Se aggiungiamo l’aggravante di un finale assurdo, otterremo l’esito deludente di un’opera il cui autore ha voluto decisamente strafare.