La spedizione in Antartide di quattro professori con sedici assistenti, sette dottorandi, nove abili meccanici e del narratore, Dyer, si imbatte in un ritrovamento che nasconde un mistero in grado di far impazzire anche il più razionale degli esseri umani.
L’opera, pubblicata nel 1936, ispirò il racconto La cosa da un altro mondo di John W. Campbell (1938) e, di conseguenza, il regista John Carpenter (non nuovo a suggestioni lovecraftiane) per uno dei suoi film migliori, La Cosa (1982).
Howard Phillips Lovecraft, nell’unico vero e proprio romanzo che abbia scritto, riesce, attraverso una narrazione evocativa totalmente priva di dialoghi, a farci appassionare a una storia di archeologia immaginaria nella quale ci imbatteremo in un’Antica Razza e nei suoi insidiosi, mucillaginosi avversari. Numerosi sono i riferimenti (anche espliciti) a Edgar Allan Poe, che Lovecraft considerava proprio maestro.
Un punto cardine dell’universo creato dallo scrittore di Providence, nel quale la sua cosmogonia legata al famigerato Necronomicon trova pieno sviluppo e getta nuove ombre inquietanti. Un’opera affascinante, ridondante, descrittiva fino all’ossessione, asimmetrica e delirante, nella quale orrore e fantascienza si fondono in modo mirabile.