Gigi ha dieci anni e vive nella campagna ravennate: il romanzo racconta dell’estate in cui decise di comprare una bici nuova, in cui si innamorò per la prima volta e scoprì che l’uomo nero non è solo un personaggio delle favole.
Eraldo Baldini, con prosa semplice e divertente, affronta il classico tema dell’uscita dall’infanzia, ma L’uomo nero e la bicicletta blu non è esattamente o soltanto un romanzo di formazione: dietro la narrazione, l’autore fa intuire una tensione strana, oscura, che carica le pagine di un brivido sottile ma persistente. E quella tensione, quell’ombra prendono nella mente di Gigi la forma dell’uomo nero, lo spauracchio che immancabilmente rovina il lieto fine nelle favole raccontate dalla vecchia Tugnina ai bambini del villaggio, per insegnare loro che “e vissero felici e contenti” è un’utopia e non bisogna farci affidamento.
Il trascorre del tempo è misurato non solo cronologicamente, ma anche dal punto di vista interiore di un ragazzino che si trova, ogni giorno, a misurarsi con nuove sfide, nuove prove, nuove consapevolezze che piano piano erodono le sue certezze infantili e lo trasformano nell’uomo del dubbio di pirandelliana memoria (e citazioni pirandelliane ce ne sono, nel romanzo).
Poetico e struggente, L’uomo nero e la bicicletta blu si basa su azzeccate descrizioni di caratteri e atmosfere venate di malinconia, che un suono o un profumo possono evocare anche dopo molti anni, innescando il complesso meccanismo del ricordo e della nostalgia; se cercate un autore da scoprire, vi consiglio questo libro.