La quasi sedicenne Gilberte, detta Gigi, è figlia di una madre assente, eterna aspirante vedette, e viene allevata e accudita dalla nonna e dalla zia, che le impongono rigorose linee di cattiva condotta: apparentemente austere, ritengono che la nipote sia rimasta un po’ indietro per la sua età, un po’ troppo ingenua e con maniere non proprio riguardose, per non dire di quel suo aspetto, ancora né carne né pesce. In realtà Gigi sembra covare la stessa invocazione che Paolo Conte cantò in Jeeves: salvami in fretta, non ne posso più di questo ambiente… leggono giornali stupidi per stupidi e […] sognano cretinate.
Si susseguono le visite di Lachaille, industriale dello zucchero e zio putativo, frequentatore di quel bel mondo di cui l’autrice ebbe a dire, altrove: una volta ammessa una diversa angolazione morale, nulla era meno sregolato di quell’ambiente. Lachaille, reduce da eclatanti avventure amorose, si mostra interessato alla piccola, che dimostrerà di essere tutt’altro che indietro, possedendo una dignità e un acume ben superiori a quelli delle sue tutrici. Finale discutibile.
Colette inanella una serie di episodi molto teatrali con divertita ironia e spietata arguzia, condendoli con uno stile brillante e corrosivo. Una lettura spassosissima, che non a caso attirò da subito l’interesse di cinema e teatro e vide una giovanissima Audrey Hepburn esordire come protagonista sul palcoscenico del teatro Fulton di Broadway.