Beppe Fenoglio – I ventitré giorni della città di Alba

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Resistenza antiretorica

In questa raccolta di racconti, che rappresenta l’esordio letterario di Fenoglio, sono già evidentissimi due dei registri tipici dell’autore: quello propriamente dedicato alla guerra partigiana e quello esistenziale, che fotografa scene di vita dolenti e disperate (difficili rapporti d’amore, contrasti generazionali, volontà suicide). Il quadro che ne esce raffigura in modo esatto una forma di disperazione invincibile, che nessun vitalismo partigiano riesce a riscattare. Ciò fa di Fenoglio l’autore che meglio di tutti è riuscito a gettare sull’esperienza resistenziale e sull’Italia del secondo dopoguerra uno sguardo non canonico, privo di retorica e profondamente autentico.

 

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Un altro uomo invisibile che galleggia in mezzo al mare del nulla, è arduo definirlo sia per tratti somatici che per età. Campa la vita lavorando, di contraggenio, in uno dei templi assoluti della brescianità e, ciò nonostante, ne prende ispirazione per le cose che scrive. Espulso da tutti i circoli cui si è aggregato, gli amici lo chiamano “Wikipedia” a causa dei discorsi incomprensibili e della pronunzia, che confonde in un unico suono le erre, le elle, le vu, le pi, le bi, le esse e le effe. Sostiene di essere pacifista, ma si vanta di aver redatto, molto tempo fa, alcuni testi rivoluzionari per un ex-guerrigliero irascibile e avarissimo, ora convertitosi al libero mercato.