Vediamoci chiaro

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Luciano Salce (Roma, 1922 – 1989) gira il suo penultimo film, Vediamoci chiaro, dopo aver affrontato seri problemi di salute (ictus cerebrale), importante per dimostrare a se stesso di poter ancora lavorare, cosa per niente scontata, anche se i medici gli consigliano di limitarsi alla regia e di non calarsi nello stress da attore. L’ultimo lavoro del regista romano sarà Quelli del casco (1987), realizzato in una situazione di salute precaria, debilitato dalla malattia che nel 1989 – a soli 67 anni – lo porterà alla morte.

Vediamoci chiaro non è il classico film di Salce, mordace e frizzante, ma è soltanto una commedia garbata, sofisticata, scritta da Romolo Guerrieri e Franco Verucci, sceneggiata da Franco Bucceri e Roberto Leoni, costruita su misura per le doti da attore di Johnny Dorelli. La storia si svolge nel mondo delle televisioni private, in piena espansione ai danni del cinema, con Dorelli manager diventato cieco dopo un incidente stradale, marito di una moglie fedifraga come Janet Agren, che se la spassa con il suo miglior amico Angelo Infanti. Eleonora Giorgi, invece, è un singolare ispettore assicurativo che deve verificare la cecità dell’imprenditore per conto della compagnia di assicurazioni svizzera che deve versare il rimborso. Dorelli riacquista la vista grazie a un nuovo trauma (particolare molto fumettistico) ma tace con tutti, scopre tradimenti, inganni familiari e societari, infine si innamora (ricambiato) della Giorgi, che non rivela alla compagnia il fatto che l’assicurato ci vede benissimo. Finale da vissero insieme felici e contenti, dopo aver fatto una visita miracolosa a Lourdes.

Vediamoci chiaro esce in piena crisi del cinema, circola poco nelle sale e presto finisce sul mercato Home Video, in espansione. La confezione è molto televisiva, buona fotografia di Roma e molti interni teatrali, diverse gag da avanspettacolo (i ciechi che si prendono a bastonate) e alcune bellezze femminili non molto discinte.

Janet Agren parla con il suo accento straniero ed è una buona moglie traditrice, Angelo Infanti se la cava da par suo nel solito ruolo del belloccio sciupafemmine, Michele Mirabella è un credibile assicuratore, poi ci sono Milly D’Abbraccio in un piccolo ruolo sexy e soprattutto imperversa la coppia Dorelli–Giorgi, ben amalgamata e convincente. Giacomo Furia è divertente come fedele autista tuttofare sempre pronto a scommettere su qualsiasi cosa.

La storia avrebbe una morale, espressa da una frase pronunciata da Dorelli: “Prima ero cieco, non vedevo i truffatori che mi stavano intorno, perdendo la vista ho cominciato a vedere e a capire…”. I veri amici dell’imprenditore sono i colleghi ciechi di un asilo gestito dalle suore con i quali festeggia il giorno di Natale, facendo regali principeschi.

Un Salce in forma avrebbe approfittato del film per fare ironia sul mondo delle televisioni private e sulla crisi del cinema, avrebbe affondato la lama sul personaggio rappresentato da Dorelli, che ricorda Berlusconi, invece tutto resta a livello di innocuo racconto, di puro intrattenimento. Non ci sono nudi, nonostante la presenza di Agren e Giorgi: tutto è soltanto intuito, persino uno strip della Giorgi, che Dorelli tenta di sbirciare fingendosi cieco. Buone le sequenze in barca con suggestiva fotografia marina, pure se il dialogo d’amore è da Baci Perugina, così come tutto quel che accade dopo, in rapida successione, è più che prevedibile.

Una commedia dei buoni sentimenti che resiste abbastanza bene al passare del tempo e che si vede ancora con piacere. Da recuperare anche per il valore storico di un Salce terminale.


Regia: Luciano Salce. Soggetto: Romolo Guerrieri, Franco Verucci. Sceneggiatura: Franco Bucceri, Roberto Leoni. Montaggio: Ruggero Mastroianni. Musiche: Fabio Liberatori. Trucco: Giulio Mastrantonio. Scenografia: Claudio Cinini. Costumi: Silvio Laurenzi. Produttore: Filippo Campus. Casa di Produzione: Adige Films 76. Distribuzione: D. A.C. Genere: Commedia. Durata: 100’. Interpreti: Johnny Dorelli, Eleonora Giorgi, Janet Agren, Angelo Infanti, Giacomo Furia, Milly D’Abbraccio, Geoffrey Copleston, Tamara Triffez, Fiammetta Baralla, Michele Mirabella, Tom Felleghy. Anno: 1984.

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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