Tutto il mio folle amore

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Tutto il mio folle amore non è un film sulla malattia, ma sulla compassione e su quanto sia bello e appagante vivere per un altro, prendersi cura di qualcuno che ha bisogno di noi.
Vincent (Pranno) è il figlio autistico di Elena (Golino) e Willi (Santamaria), un cantante giramondo e irresponsabile, detto il Modugno della Dalmazia, che si presenta nella vita della madre quando il ragazzo ha compiuto sedici anni. Vincent è stato adottato da Mario (Abatantuono), il nuovo compagno della madre, che lo accudisce come se fosse suo figlio, lo fa giocare agli indiani, lo coccola e lo tranquillizza, forse più della stessa madre.
La storia si sviluppa on the road con Vincent che si nasconde nell’auto del padre e lo accompagna nel tour canoro tra Slovenia e Croazia, affrontando alcune complesse vicissitudini e molti pericoli. Il viaggio tra padre e figlio porta a scoprire lati nascosti dell’amore, un vero rapporto filiale, un legame forte e indissolubile tra padre e ragazzo problematico. Al tempo stesso la madre e il compagno inseguono i fuggitivi lungo le coste dalmate per il timore che possa accadere qualcosa di spiacevole e per la paura di perdere Vincent. Il viaggio porta il ragazzo alla scoperta dell’amore e della vera vita, con tutte le sue difficoltà – rischia persino di morire annegato in piscina, ma sarà la madre a salvarlo.
Finale complesso che resta aperto a tante interpretazioni, con la madre che prende coscienza che d’ora in poi dovrà essere lei a occuparsi del ragazzo, senza alcuna remora o vergogna, solo con tanto amore. Elena e Vincent prendono il largo a bordo di un traghetto, il padre osserva da lontano e piange per un figlio perduto, il compagno indossa un naso finto e come sempre tenta di far sorridere il ragazzo.

Un film tratto da una storia vera e dal romanzo di Fulvio Ervas, sceneggiato con intensità drammatica da Umberto Contarello e Sara Mosetti, fotografato con spaccati splendenti delle coste dalmate da Italo Petriccione e montato con i tempi giusti da Massimo Fiocchi. La stupenda colonna sonora è di Mauro Pagani, che inserisce alcuni pezzi di Domenico Modugno, che fanno parte del suo repertorio. Salvatores cambia di nuovo registro – come suo costume – dopo aver girato il drammatico Educazione siberiana e i due capitoli fantastici de Il ragazzo invisibile, e torna a scrivere una storia minimalista basata sugli affetti familiari, indaga il rapporto tra genitori e figli, quel legame indissolubile che unisce (io non posso odiarti, sei mio figlio) anche quando sembra dividere.

Fotografia sublime di una paesaggio roccioso e desertico, interrotto da splendidi spaccati marini: il film si sviluppa da Trieste alla Croazia, luoghi tanto cari al regista.

Interpreti bravissimi, su tutti il debuttante Giulio Pranno nei panni (complessi) del ragazzino autistico, ma sono molto ben calati nelle parti anche un convincente Claudio Santamaria (di nuovo Modugno, anche se solo per imitarlo), un bravissimo Diego Abatantuono (padre adottivo docile e comprensivo), senza dimenticare una madre macerata da dolore e contraddizioni come Valeria Golino.

Un film che riconcilia con quel che resta del povero cinema italiano e che conferma Gabriele Salvatores come uno dei pochi grandi autori contemporanei da salvare. Se l’avete perso, recuperatelo su RaiPlay. Da vedere.


Lingua: Italiano. Paese di Produzione: Italia, 2019. Genere: Drammatico. Regia: Gabriele Salvatores. Soggetto: romanzo di Fulvio Ervas. Sceneggiatura: Umberto Contarello, Sara Mosetti. Fotografia: Italo Petriccione. Montaggio: Massimo Fiocchi. Musiche: Mauro Pagani. Scenografia: Rita Rabassini. Produttori: Marco Cohen, Fabrizio Donvito, Francesco Grisi, Benedetto Habib. Produttori esecutivi: Ferdinando Bonifazi, Daniel Campos Pavoncelli. Case di Produzione: Indiana Production Company, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Interpreti: Claudio Santamaria (Willi), Valeria Golino (Elena Manzato), Diego Abatantuono (Mario Toppoli), Giulio Pranno (Vincent Manzato), Daniel Vivian (Dragan), Marusa Majer (Anja), Tania Garribba (Lorena), Maria Gnecchi (Danja).
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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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