Lo scatenato

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Lo scatenato è uno dei sei film girati dal palermitano Franco Indovina (1932-1972), assistente teatrale di Visconti, aiuto regista di Antonioni, Rosi e De Sica, marito della principessa Soraya, ex imperatrice di Persia, conosciuta durante la lavorazione del primo film, l’episodio Latin Lover contenuto ne I tre volti (1964). Indovina è scomparso nel momento migliore della sua creatività, vittima di un grave incidente aereo a Punta Raisi, vicino all’aeroporto di Palermo, che costò la vita a 115 persone. L’attrice Lorenza Indovina è sua figlia. Indovina ha lasciato altri quattro film: Menage all’italiana (1965), L’amore attraverso i secoli (episodio L’era preistorica, 1967), Giochi particolari (1970) e Tre nel mille (1971) ed è -per dirla con Roberto Poppi- “un regista caratterizzato dall’amore per il satirico e il grottesco”.

Lo scatenato è un film molto originale, atipico nella produzione italiana degli anni Sessanta, e risente positivamente della scrittura originale di Tonino Guerra e Luigi Malerba. Bob Chiaramonte (Gassman) è un attore di pubblicità che impazzisce perché si sente perseguitato dagli animali. Un cane gli fa pipì sulla gamba, un toro lo fa cadere in un fiume, alcuni  topi rosicchiano una corda che lo teneva appeso a un elicottero, uccelli lo tormentano con le deiezioni. Bob si rifiuta di girare pubblicità con animali e viene licenziato. Si impiega come truccatore, ma una mosca lo tormenta: lui cerca di ucciderla, ma non ci riesce; in compenso combina un mare di disastri. Il più grave è quando taglia un baffo a un ministro e poi cerca di riappiccicarlo sul volto durante un comizio televisivo. La mosca muore per cause impreviste, ma i guai non finiscono. La moglie (Hyer) lo abbandona perché crede che abbia tentato di ucciderla, mentre la polizia lo giudica un sovversivo perché ha detto in televisione la parola mosca. Bob finisce per impazzire quando discute con uno scimpanzé al giardino zoologico: la scimmia ha la meglio, fugge dalla gabbia e lascia l’uomo dietro le sbarre, a ricevere noccioline dai bambini.

Un film delizioso, fuori dal tempo, intriso della cultura pop sessantottina ma godibile ancora oggi, tra brevi riferimenti al periodo storico e un umorismo visivo, farsesco, slapstick. Il regista porta avanti un discorso freudiano, molto alla Woody Allen, insolito in una commedia italiana. Il registro comico passa senza soluzione di continuità dalla commedia classica e sofistica alla farsa più grossolana. Ne conseguono, tra alti e bassi, una certa mancanza di continuità e un film troppo frammentario. Molto intellettuale, ma per tutti. Bravissimo Gassman, in un ruolo adatto alla sua comicità da mattatore, un anno dopo L’armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli e nella stesa stagione de Il tigre (1967) di Dino Risi. Il ruolo della moglie è ricoperto dalla sensuale attrice statunitense Marta Hyer, che apprezziamo in un costume da bagno molto sexy, al tempo presentata come “la risposta della Universal a Grace Kelly”. Presenze minori: Carmelo Bene (prete), Massimo Serato (agente di polizia), Claudio Gora (ministro senza un baffo), Gigi Proietti (truccatore), persino il direttore della fotografia Aldo Tonti (regista) e il produttore Cecchi Gori (pubblicitario).

Rassegna critica. Morando Morandini on line (due stelle per la critica, una per il pubblico): “Da un bel soggetto di Tonino Guerra, adattissimo alla versatile vena comica e farsesca di Vittorio Gassman, Franco Indovina ha cavato una commedia insolita, ma troppo frammentaria che non sa mettere a fuoco i temi freudiani delle fobie e delle nevrosi indotte dai mass media. Commercialmente, un fiasco”. Pino Farinotti (due stelle): “Apologo non del tutto riuscito, nonostante l’ottimo cast”. Paolo Mereghetti (due stelle): “Commedia intellettuale che sembra quasi uno studio freudiano sulla patologia persecutoria. Gassman si auto denigra in modo convincente, ma a volte eccede nel cercare il risvolto comico della situazione. Del resto una certa discontinuità di registro si avverte anche nel copione, scritto a sei mani da Luigi Malerba, Tonino Guerra e Franco Indovina”.

DATI FILM:

Regia: Franco Indovina. Soggetto e Sceneggiatura: Tonino Guerra, Franco Indovina, Luigi Malerba. Fotografia: Aldo Tonti. Montaggio: Marcello Malvestito. Musiche: Luís Enriquez Bacalov. Scenografia e Costumi: Pier Luigi Pizzi. Produttore: Mario Cecchi Gori. Casa di produzione: Fair Film (Roma). Durata: 86’. Genere: Commedia. Interpreti: Vittorio Gassman, Martha Hyer, Gila Golam, Karin Skarreso, Massimo Serato, Carmelo Bene, Steffen Zacharias, Jacques Herlin, Caludio Gora, Gigi Proietti, Giovanni Ivan Scratuglia, Mario Cecchi Gori, Aldo Tonti, Piero Vida.

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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