La vita e le opere di Ennio Morricone, raccontate dal grande artista poco prima di morire, raccolte e impaginate da un Giuseppe Tornatore in gran forma, debitore verso il compositore di colonne sonore capolavoro come Nuovo cinema Paradiso e La leggenda del pianista nell’Oceano. Lo spettatore cinefilo assiste a uno scorrere di immagini che rappresentano la sua stessa vita, dalle canzonette (E se telefonando, Sapore di mare, Il mondo, Abbronzatissimi…) arrangiate per la RCA ai lavori per il cinema, che siano spaghetti western, thriller, film d’azione o cinema d’autore.
Morricone inventa un genere, in un primo tempo considerato senza importanza dai maestri che avevano creduto in lui, quindi celebrato come musica del Novecento. Per sei volte nominato agli Oscar, ne guadagna uno alla carriera, dedicato alla moglie Maria – presenza eterna della sua vita – e uno con Tarantino, per l’ultimo film, corredato da sonorità inconsuete.
Una colonna sonora di Morricone possiede un marchio di fabbrica, un elemento inconfondibile, perché l’autore fa convivere una vena di sperimentatore e, da rumori inaspettati, ottiene la melodia, che spesso rifiuta solo perché ne inventa una originale. Per Morricone non esiste differenza tra musica da cinema e musica assoluta, anzi, contamina i generi, portando la musica sinfonica e la musica tonale all’interno di prodotti commerciali. La sua arte fatica a essere riconosciuta come tale, soprattutto dagli intellettuali, ma poco a poco si afferma con sonorità come il commento sinfonico di Novecento, grazie a intensi capolavori come C’era una volta il West, C’era una volta in America, Il deserto dei Tartari. Lo spettatore si rende conto che certe pellicole non sarebbero state le stesse senza la musica di Morricone, anzi, accade che siano ricordate per la sonorità che accompagna le scene, a volte più che per le stesse sequenze. Morricone comincia a credere di aver dato vita a qualcosa di nuovo e d’importante, quando, di fronte al bianco spartito, decide di dedicarsi al cinema e di scrivere partiture immortali facendo prendere una strada inconsueta alle sue note.
Ennio è un documentario che dura oltre due ore ma non annoia, e alla fine il pubblico applaude – anche se al cinema non si dovrebbe – perché il regista ha saputo narrare la vita di ognuno con un montaggio perfetto e dinamico di interviste, spezzoni di cinema e parti di colonne sonore indimenticabili.
Le ultime parole vengono lasciate al Maestro, che commenta con voce spezzata dalla commozione quanto sia difficile cominciare un’opera d’arte, facendo una scelta, senza avere davanti nient’altro che un pentagramma da riempire di note.
Ennio è un omaggio sentito di Tornatore, arricchito da testimonianza di registi e musicisti che hanno conosciuto e apprezzato l’arte del grande compositore.
Imperdibile.