“Gothic” di Ken Russell

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Un capolavoro visionario e sottovalutato

Gothic è un film che merita molta più attenzione di quanta ne abbia ricevuta. Uscito nel 1986, è un’opera complessa, audace e profondamente suggestiva che esplora uno dei momenti più emblematici della letteratura romantica: la notte del 1816 in cui, a Villa Diodati, Mary Shelley concepì l’idea del suo Frankenstein. Ken Russell non si limita a raccontare un semplice aneddoto storico: trasforma l’evento in un turbinio di visioni allucinatorie e paure ancestrali, facendoci entrare nella psiche tormentata dei protagonisti.
Il film è una straordinaria fusione di horror gotico e surrealismo, una rappresentazione visiva della tormentata creatività dei suoi protagonisti, tra cui Percy Bysshe Shelley, Lord Byron e Mary Shelley stessa. Russell amplifica volutamente la situazione con il suo stile barocco, eccessivo e teatrale, facendo di Gothic un’opera che si distingue per l’atmosfera opprimente e le immagini viscerali, che sfidano la logica. Ogni fotogramma è carico di simbolismi e di tensione erotica, e temi come la follia, la morte e la potenza distruttiva della creatività erompono come altrettanti Dies Irae.
Spiccano attori come Gabriel Byrne, perfetto nel ruolo del tormentato e carismatico George Gordon Byron, Julian Sands nei panni del poeta visionario Percy Bysshe Shelley e Natasha Richardson, che dà vita a una Mary Shelley intensamente vulnerabile ma determinata. La loro chimica sullo schermo amplifica il senso di tensione e caos creativo che deve aver attraversato quei giorni e che si fossa sulla pellicola, aggiungendo profondità e complessità a un racconto già denso di significati.

Il motivo per cui Gothic è così sottovalutato risiede forse nella sua natura provocatoria e sperimentale. Non è un film che si piega alle convenzioni narrative o estetiche: richiede una certa predisposizione per il bizzarro e il macabro. Spettatori abituati a trame lineari e approcci più convenzionali possono trovarlo disturbante o eccessivo (come una simile opera, peraltro, deve essere); altri, convinti di trovarsi davanti a un classico film horror, possono restare spiazzati da una pellicola che non risponde per niente alle loro aspettative. Tuttavia, proprio in questo sta la grandezza di Gothic: Russell non cerca di compiacere, ma di portare gli spettatori in un viaggio attraverso gli abissi della mente, un labirinto da cui scaturiscono anche riflessioni tutt’altro che scontate sulla natura dell’arte e della creazione.
Le visioni e gli incubi che i personaggi vivono non sono altro che la manifestazione dei loro desideri più oscuri e delle loro paure represse. L’arte, suggerisce Russell, non nasce dalla tranquillità, ma dalla turbolenza interiore, dal caos e dal confronto con i propri demoni.

A livello visivo, il film è ricco di riferimenti e omaggi al mondo dell’arte, e riproduce l’estetica del Romanticismo e del Gotico attraverso i suoi scenari inquietanti e carichi di emozione e l’ossessione per il sublime dei personaggi. L’iconografia richiama opere di artisti romantici come Caspar David Friedrich, con paesaggi cupi e figure umane che sembrano minuscole di fronte alla potenza della natura, e Henry Fuseli, noto per i suoi dipinti onirici e perturbanti, come L’incubo, evocato nelle visioni spettrali dei protagonisti e riportato in alcune versioni della locandina.

Gothic è un’esperienza cinematografica totale, rara e preziosa, che sfugge alle facili categorizzazioni e osa spingersi oltre i limiti del genere. In un universo cinematografico troppo spesso dominato dalla prevedibilità, dall’appiattimento su stilemi triti e rassicuranti, Ken Russell ci getta negli occhi un’opera che non ha paura di disturbare e affascinare al tempo stesso. Un gioiello nascosto, che meriterebbe un posto d’onore nel panorama del cinema d’autore.

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