Sui colli dell’appennino ligure, accanto a una casa diroccata, un cartello recita «Achtung! Banditen». E proprio sulle vicende di quei banditi nascosti tra le montagne, che aspettano la notte per avviare operazioni di sabotaggio contro i tedeschi, si concentra l’esordio sul grande schermo di Carlo Lizzani. L’azione si sviluppa attorno a una fabbrica di Pontedecimo, nei dintorni di Genova, che diventerà il teatro di uno dei tanti e sanguinosi scontri periferici che hanno caratterizzato la Resistenza durante le fasi finali della guerra. Una compagnia di partigiani, rifugiatasi dopo una lunga marcia in una villa poco lontana dalla città, sta preparando un’incursione nell’impianto produttivo per impossessarsi di un carico di armi tedesche. Contemporaneamente gli operai, che si oppongono all’occupazione nazista con scioperi continui, vengono obbligati dalle forze straniere a lavorare senza tregua per smantellare i macchinari destinati al trasferimento in Germania. Nel corso della lunga notte in cui viene intentato l’attacco, sarà lo sforzo congiunto e solidale dei partigiani armati e dei lavoratori a determinare la riuscita del piano di disturbo: i combattenti prenderanno parte allo smontaggio delle apparecchiature industriali, che verranno fatte sparire per evitare che cadano in mani nemiche, mentre gli operai imbracceranno i fucili e si uniranno alla ritirata sulle montagne sotto il fuoco tedesco.
La pellicola, fortemente voluta dalla popolazione locale e finanziata tramite la sottoscrizione pubblica di azioni, rispecchia nel suo risultato i principi cooperativistici che ne hanno permesso la realizzazione. Attraverso un linguaggio dalla forte componente ideologica (che in alcuni punti diventa didascalico, come nella scena in cui i partigiani improvvisano una breve assemblea democratica con i tedeschi alle calcagna), Carlo Lizzani ci propone la sua particolare lettura della Resistenza, vista non come fenomeno esclusivamente militaresco, dominato dalle imprese belliche di partigiani-eroi che bastano a se stessi, ma come un movimento ampiamente diffuso nelle trame della società e sostenuto dal fondamentale contributo delle diverse forze che in essa operano. A dare vigore alla lotta dei ribelli e degli operai intervengono la generosa umiltà delle contadine, che nascondono i fuggiaschi nelle stalle e offrono loro un pezzo di pane; le competenze tecniche e direzionali dell’ingegnere e la scaltrezza del diplomatico, rappresentanti di una classe istruita che pagheranno con la vita il supporto all’insurrezione; fino ad arrivare al prezioso intervento degli alpini, eroi dell’ultimo minuto che, al di là di ogni considerazione sui meriti, hanno versato il loro contribuito alla causa comune.
L’orientamento corale del film si manifesta nella contrapposizione tra due movimenti opposti, che si alternano dando ritmo e fluidità allo sviluppo della narrazione: dalle vicende che si svolgono nell’impianto industriale, che costituiscono il fulcro del film, si originano spinte centrifughe che danno vita a un complesso mosaico di storie intrecciate. L’universo narrativo di “Achtung! Banditi” è costellato da personaggi profondamente umani, caratterizzati con tratti rapidi e incisivi, che si fanno portatori di sofferenze e sogni autentici e rivelano la componente poetica di un’opera in cui quella politica è dominante. Così, la Resistenza diventa l’avventatezza di Napoleone che, abbandonato il rifugio sicuro, si reca in città pur di vedere per la prima (e ultima) volta suo figlio; o il sollievo di Gatto, che stringe al petto il fazzoletto di una giovane contadina prima di farsi esplodere insieme ai nemici.
Contrassegnato da una regia asciutta e misurata, più disinvolta nel rendere dialoghi e riprese statiche rispetto ai combattimenti (anche in virtù delle ristrettezze del budget), il film si avvale di un montaggio efficace che consente all’occhio dello spettatore di muoversi agevolmente tra una pluralità di luoghi (l’Appennino, la villa di campagna, il fiume, la città, la fabbrica) e di personaggi, senza mai perdere l’orientamento temporale e causale. La mancanza di un protagonista forte attorno al quale modellare il racconto impedisce l’emergere di un’interpretazione di spessore, rendendo opache le prove attoriali degli artisti più conosciuti, in particolare Gina Lollobrigida (“Pane, amore e fantasia” 1955) che di certo non brilla nei panni di una segretaria spaesata e confusa, e Lamberto Maggiorani (“Ladri di biciclette” 1948) che rischia di cadere nell’anonimato tra i lavoratori di Pontedecimo.
Grazie ad “Achtung! Banditi”, Carlo Lizzani iscrive il suo debutto cinematografico tra le pietre miliari di quel neorealismo italiano nato dalle macerie della guerra, nutrendosi più dell’obbiettività analitica di Rossellini che dei toni da fiaba moderna di De Sica, e ponendo le basi artistiche per la sua personale ricerca di un cinema attento sia alle grandi dinamiche politiche e sociali, sia alle vicende umane che sotto queste forze fioriscono.