Gideon e il quarto potere di J.J. Marric (alias John Creasey) è un romanzo poliziesco sui generis, atipico nella sua ambizione di far dialogare il thriller con il saggio politico. Ambientato in una Londra sull’orlo del collasso, mette in scena un mix esplosivo di temi: uno sciopero portuale, un’organizzazione di estrema destra chiamata i Sabotatori (composta da fascisti e mercenari prezzolati da un ricco anticomunista e suprematista), il fenomeno dell’immigrazione clandestina e i dilemmi della stampa e della polizia, impegnate a fronteggiare un vortice di tensioni sociali e morali.
La trama ruota intorno a George Gideon, il capo di Scotland Yard, un uomo pragmatico e integerrimo che si ritrova a dover arginare, con risorse limitate, i rischi di un’ondata di disordini. Oltre all’indagine e agli intrecci politici, Creasey, nei panni di Marric, sfrutta la narrazione per esplorare temi a lui molto cari. A tratti questo romanzo sembra più un pamphlet che un giallo, un’esposizione senza troppi fronzoli di quello che l’autore, come fondatore del movimento All Party Alliance, immaginava quale ricetta per un Paese migliore: il governo dei “migliori” rappresentanti di ogni partito, un sogno decisamente utopico ma che trova qui un’espressione efficace anche se non sempre convincente.
La presenza dei Sabotatori, con le loro azioni eversive, rappresenta un monito contro il radicalismo di destra, che Creasey giudica un pericolo insidioso e destabilizzante per la democrazia. Al tempo stesso, l’autore non manca di mostrare come la stampa sia vulnerabile alle pressioni e alla propaganda, incapace di rispondere al bisogno di verità del pubblico, al punto che il “quarto potere” appare come un’arma a doppio taglio. La polizia, rappresentata da Gideon, si trova intrappolata tra la violenza e il caos sociale, ma anche tra le proprie debolezze strutturali e i limiti imposti da una burocrazia inefficace.
Ciò che rende Gideon e il quarto potere affascinante è la tensione tra la narrazione e il messaggio ideologico. Creasey sembra volerci dire che la società non può permettersi di lasciare il potere nelle mani di opportunisti o estremisti, e che solo un’élite illuminata sarebbe in grado di arginare il caos. Un messaggio ingenuo, a tratti perfino didascalico, che rivela quanto lo scrittore britannico si trovi in bilico tra la volontà di raccontare una storia e quella di proporre una soluzione sociale.
Ciò detto, Gideon e il quarto potere sembra scritto per parlare anche delle tensioni dei nostri giorni: infatti, pur ambientato in un’epoca che ormai consideriamo lontana (pubblicato nel 1973, e per la prima e unica volta in Italia nel 1974), affronta problemi come l’immigrazione clandestina, la minaccia di movimenti estremisti, le lotte sindacali e il ruolo ambiguo dei media — tutte questioni che risuonano con forza nell’attualità.
L’organizzazione dei Sabotatori, con la sua agenda eversiva, anticipa il fenomeno dei movimenti estremisti moderni, mostrando come le democrazie possano essere infiltrate e manipolate da elementi radicali, pronti a sfruttare il malcontento sociale e le divisioni politiche per destabilizzare il sistema. Allo stesso modo, la fragilità della stampa, piegata tra propaganda e pressioni commerciali, mette in luce un problema che oggi è amplificato dalla pervasività dei social media e dalle “fake news”, rendendo l’informazione più vulnerabile che mai.
Anche lo sciopero portuale del romanzo richiama l’attenzione su problematiche sociali che non solo persistono, ma si sono evolute in un mondo globalizzato. Le recenti crisi nei settori della logistica e della distribuzione sono una versione contemporanea delle dispute portuali e delle tensioni sindacali che Gideon deve affrontare. Questa attualità conferisce al romanzo un fascino rinnovato, trasformandolo in una sorta di specchio letterario di questioni che dominano il dibattito pubblico, e che pertanto meriterebbe un recupero (come recentemente è già stato fatto con Capro espiatorio di Robert Finnegan).
La visione ideologica di Creasey, anche se utopica, rimanda a un desiderio profondo, oggi quasi nostalgico, di un potere più responsabile, guidato da persone di qualità: un richiamo a valori che oggi appaiono sbiaditi in un mondo politico polarizzato, incapace di rispondere in modo coeso ai bisogni reali della popolazione.
In definitiva, Gideon e il quarto potere non è solo un romanzo poliziesco, ma una riflessione, che trova oggi una nuova e sorprendente rilevanza. Una lettura che, come spesso accade con i classici, ci mostra quanto poco siano cambiati alcuni meccanismi di potere e conflitto sociale. Creasey mette in scena, infatti, uno spaccato provocatorio di una società pericolosamente instabile, nella quale i confini tra ordine e caos sono più labili di quanto si voglia ammettere.