Haruki Murakami – L’uccello che girava le viti del mondo

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Murakami o lo si ama o lo si odia, come dimostrano le molte discussioni a lui riservate tra lettori: troppo occidentale per i cultori della tradizione orientale, troppo orientale per chi non ama allontanarsi dai solchi ben noti della produzione letteraria nostrana; in ogni caso, scrittore interessante e complesso.
L’uccello che girava le viti del mondo è uno dei suoi titoli più famosi ed emblematici.

Toru Okada ha scelto di abbandonare il lavoro e di dedicarsi alla cura della casa, lasciando che sia la moglie a proseguire la carriera presso la redazione di una rivista; le lunghe giornate casalinghe di Toru sono occupate dalle faccende domestiche, tra cui rientra anche occuparsi del gatto, cui sua moglie è particolarmente affezionata e al quale ha dato il nome del fratello defunto.
Un giorno, il gatto scompare e Toru decide di cercarlo; in contemporanea, riceve una telefonata da una donna misteriosa e poco dopo si accorge che anche sua moglie è scomparsa.

Questi eventi, apparentemente scollegati, stravolgono l’angusto orizzonte della vita di Toru, che vedrà irrompere nella sua quotidianità personaggi sempre più bizzarri: ognuno di essi, attraverso il racconto delle proprie vicende personali, toccherà corde sensibili dell’animo di Toru, e lo costringerà a ripercorrere eventi del suo passato o a prendere coscienza di certi aspetti della sua vita che corrispondono alle zone d’ombra del suo Io o ai suoi punti deboli di uomo.

Partendo da un fatto di per sé banale, come un gatto che non torna a casa, l’autore inizia uno scavo psicologico volto a scandagliare le profondità della coscienza attraverso tutto il repertorio di immagini e personaggi a lui congeniale, dalle descrizioni delle ordinate e silenziose periferie cittadine alle osservazioni sulla musica in sottofondo, dai ritratti delle diverse figure di donne ai racconti dei reduci di guerra, senza tralasciare le tragiche storie familiari che molti personaggi nascondono, il tutto proposto in surreali sequenze che hanno la consistenza e la comprensibilità di un sogno; cdi troviamo a seguire il protagonista ora alla luce della logica, ora nelle tenebre dell’irrazionale, e tutto il romanzo si articola come un viaggio tra questi due mondi, alla ricerca di qualcosa che possa riportare equilibrio tra le due realtà.

Molti sono i temi toccati da questo romanzo fortemente allegorico nel quale l’elemento fantastico, l’uccello giraviti che emette il suo verso stridente e che improvvisamente tace, caratterizza l’intera narrazione conferendole quel particolare alone di mistero che lega i diversi personaggi, ognuno dei quali è latore di istanze diverse, come la critica ai ritmi frenetici della vita quotidiana e alla competitività esasperata – aspetti ben noti della società nipponica contemporanea – , il desiderio di recuperare la capacità di comunicare, la necessità di formarsi una coscienza storica critica ma anche emotiva.

La prosa di Murakami, profondamente influenzato dalla letteratura occidentale, è caratterizzata da minuziose descrizioni che conferiscono alla lettura quel particolare ritmo lento che in molti non apprezzano ma che invece è uno degli elementi più affascinati della sua scrittura, poiché rivela maggiormente il legame dell’autore con la cultura giapponese, altrimenti poco presente nelle sue opere.

L’uccello che girava le viti del mondo è un romanzo complesso e rappresenta una delle migliori prove letterarie di uno scrittore che, come accennato, raccoglie consensi nella stessa misura in cui raccoglie critiche: se non partite prevenuti, potrebbe sorprendervi.

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