Né carne, né pesce
In questa antologia a cura di cura di David G. Hartwell e Kathryn Cramer, dal titolo pretenzioso, si toccano più o meno tutti i sottogeneri della sf, ma quasi nessun racconto sfiora neanche lontanamente l’eccellenza; anzi, si sfruttano luoghi comuni e idee abusate spacciandole per originali e geniali. Non mancano storie gradevoli e un paio davvero geniali, ma il totale delle loro pagine non arriva neanche lontanamente a coprire la metà della voluminosa edizione. Anche se si comincia bene.
Non svegliare il can che dorme, di Joe Haldeman, è infatti uno straordinario racconto di fantapolitica estrapolativa legata ai progressi della scienza e alle sue applicazioni più ciniche e sinistre: di gran lunga la miglior proposta dell’antologia.
Si prosegue con Bimba e l’oceano di Kay Kenyon, un racconto tenero e carino sul futuro dell’ecologia, in cui la nanotecnologia sarebbe senziente: una fiaba graziosa e gradevole, ma niente di più.
Petopia di Benjamin Crowell è un racconto passabile che descrive un Terzo Mondo futuro fondamentalmente non dissimile dal nostro. I personaggi sono simpatici, e la storia è gradevole ma un po’ troppo politicamente corretta.
Il mercato dei ricordi di Nina Kiriki Hoffman presenta un’ipotesi angosciante di futuro unita a un romanticismo di fondo che fa di questo racconto una storia inattesa e originale, piacevolissima e fortemente sensoriale. Una delle migliori proposte dell’antologia.
Le dolenti note cominciano con Una valutazione preliminare dell’equazione di Drake – Estratto delle memorie del capitano di astronave Y.-T. Lee di Vernor Vinge: in un futuro in cui, grazie a straordinari mezzi di propulsione, il genere umano potrà esplorare altre galassie, il conflitto tra scienza e manipolazioni mediatiche si farà sempre più aspro, e verrà combattuto con i mezzi più subdoli. Nonostante il finale disincantato, un racconto banale e poco coinvolgente che sa tanto di riciclo.
In Tutto, più o meno di Terry Bisson la biotecnologia e alcuni suoi possibili usi sono al centro del racconto; che è delicato, ben scritto ma non particolarmente memorabile: nonostante le poche pagine, manca di incisività.
Somadeva: un sutra del fiume celeste di Vandana Singh è un’affascinante storia di storie che fonde il racconto tradizionale indiano con la fantascienza, ottenendo effetti sorprendenti e un risultato coinvolgente e inedito.
Sotto le lune di Venere di Damien Broderick è un racconto fantateologico concettoso e tutt’altro che coinvolgente, per di più noioso; né spicca per originalità nel suo tentativo di scimmiottare Ballard.
Tutto l’amore del mondo di Cat Sparks è una struggente storia d’amore e di disperazione postapocalittica, che sa ribaltare gli stereotipi senza uccidere la speranza. Tra i migliori racconti presentati.
Live al Budokan di Alastair Reynolds non è altro che una deriva rock di Jurassic Park: racconto carino e a tratti intrigante, che vorrebbe fare il verso a Lansdale ma non ne è all’altezza.
Graffiti nella biblioteca di Babele di David Langford, che dà il titolo alla versione italiana dell’antologia, è una narrazione ambigua e affascinante di un insolito incontro tra terrestri e alieni: nonostante la brevità rimane sospeso e inconcludente, rivelandosi poco più di una freddura tirata troppo per le lunghe.
Michael Swanwick, in La casa di un uomo è il suo castello, anima una casa per farla agire come una donna e la cala in una tipica situazione noir: un espediente da quattro soldi senza un briciolo di originalità.
Come diventare un dominatore di Marte di Catherynne M. Valente è un fantamanuale irridente e filosofico, colto e fantasmatico, che traccia in poche pagine una teoria della dominazione rosso rubino. Metafora affascinante, ma non del tutto convincente.
di Karl Schroeder sviluppa, in Dalla lontana Cilenia, inquietanti prospettive delle realtà virtuali, descrivendo situazioni che forse sono già in atto. Ma il racconto fatica ad avviarsi, e ha un finale insopportabilmente moralistico. Ben quarantotto pagine, che si potevano decisamente evitare.
Gli zebralli, i demoni e i dannati di Brenda Cooper è un bel racconto che narra in maniera appassionante i particolari rapporti che intercorrono tra umani e animali su un pianeta pericoloso.
Racconto solido e ben congegnato di hard-sf, Penombra di Gregory Benford riesce, in sole tre pagine, a condensare una fine del mondo non priva di una sorprendente speranza.
In un futuro dominato dall’influenza degli Stati Uniti, focolai di resistenza rischiano di scatenare una guerra totale. La mano buona di Robert Reed è un bel racconto, a tratti un po’ farraginoso e citativo ma stimolante, e con un finale non banale.
Ben condotto e coinvolgente, a tratti originale, Il progetto Cassandra di Jack McDevitt, ma con un finale prevedibile e una soluzione deludente.
Il ragazzo di Jackie di Steven Popkes è la storia delicata del rapporto tra Michael, un orfano undicenne, e Jackie, un’elefantessa parlante. Un racconto lungo che sa coinvolgere senza mai annoiare, nonostante il suo intimismo. Tra le migliori opere presentate.
Tredici chilometri di Sean McMullen è una fantasia pseudo-ottocentesca con alieni assetati di potere in perfetto stile steampunk. Affascinante l’ambientazione, ma banalissimo l’intreccio.
Chiude la raccolta Fantasmi che ballano con le arance (L’album della famiglia Parke, numero IV) di Paul Park, un pretenzioso guazzabuglio autobiografico-sperimentale noisosissimo e inconcludente, spacciato dai curatori dell’antologia come un’opera ambiziosa di letteratura fantascientifica postmoderna. Paul Park ci propina ben sessantaquattro pagine di intellettualismi da quattro soldi: insopportabile.
Se davvero questo volume raccoglie il meglio della produzione fantascientifica del 2010, come proclamato dal titolo originale (“Year’s Best SF 16”), allora la fantascienza versa davvero in cattive condizioni; oppure curatori e lettori sono diventati talmente di bocca buona da considerare capolavori ciarpame e paccottiglia.